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Phishing, "niente rimborso": la sentenza salva-banche, clienti disperati

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Se un cliente di una banca finisce nella trappola del phishing e subisce una truffa digitale, la responsabilità è sua e non dell’istituto di credito. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con sentenza numero 7214 del 13 marzo: ciò significa che d’ora in avanti le banche avranno uno strumento di protezione enorme dinanzi alle richieste di risarcimento danni dei clienti truffati online. Nella causa di primo grado il tribunale di Palermo aveva dato ragione al titolare del conto che aveva eseguito un bonifico a sua insaputa sul conto di una terza persona. 

Di conseguenza la banca avrebbe dovuto rimborsare al titolare del conto la somma che era stata sottratta fraudolentemente. Il tribunale aveva infatti ritenuto che l’intermediario non avesse adottato tutte le misure di sicurezza per prevenire danni come quello oggetto di causa. La decisione è però stata ribaltata dalla sentenza della Corte d’Appello di Palermo e poi confermata dalla Corte di Cassazione, che ha dichiarato inammissibile il ricorso, escludendo la responsabilità dell’intermediario. 

“Noi non facciamo né gli avvocati né i magistrati e le sentenze vanno rispettate, ma siamo molto preoccupati perché le banche rischiano un contenzioso legale che non fa bene a nessuno”, ha commentato Gabriele Urzì, segretario provinciale della Fabi. “La normativa italiana viene in soccorso del correntista - ha precisato - e prevede che, se tempestivamente denunciata, sia onere degli istituti di credito provare che l'operazione fraudolenta contestata sia stata autenticata e correttamente registrata e contabilizzata. Ogni istituto di credito o istituzione finanziaria deve dotarsi di un 'sistema di autenticazione forte', cioè di una procedura basata sull'impiego di due o più dei seguenti elementi: conoscenza, possesso, inerenza. E sono sempre più recenti casi di clienti che si rivolgono a studi legali e riescono a far valere le loro ragioni”.

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