Immigrazione, "400mila arrivi": il piano d'emergenza del governo
Va bene il pressing serrato sui partner Ue, con la verifica puntuale dei passi in avanti richiesti dall’ultimo Consiglio Ue sul Patto europeo sulla migrazione, ma davanti ai numeri quadruplicati degli arrivi dal Nordafrica e dalla Tunisia in particolare- con le proiezioni indicano il superamento di quota 400mila alla fine dell’anno- il governo italiano non ha alcuna intenzione di farsi trovare senza un quadro di misure e di norme adeguato per prevenire, e non subire, l’emergenza. A ciò è servita la cabina di regia, convocata ieri dalla premier Giorgia Meloni, a cui hanno partecipato tutti i ministri coinvolti direttamente nel dossier: i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, quello della Difesa Guido Crosetto e i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari. Della partita anche il direttore generale del Dis, Elisabetta Belloni. Il risultato, dopo più di un’ora e mezza di full immersion, è il piano anti-sbarchi che Palazzo Chigi intende rendere esecutivo al più presto a partire da alcune misure strutturali che andranno ad integrare ciò che è stato già stabilito dal decreto Cutro e dalla stretta sulle Ong. Punto principale per bloccare gli arrivi è sostenere in questa fase la Tunisia: «Prioritaria è l’azione per aiutare questa nazione amica in un momento di difficoltà», hanno spiegato le fonti dell’esecutivo al termine del vertice.
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In particolare si è discusso dello sblocco dei finanziamenti internazionali (quelli del Fmi) fondamentali per aiutare il Paese nordafricano a gestire la delicata crisi economica che sta alimentando le partenze di tanti cittadini disperati. Buone notizie da questo punto di vista: «Pur nella difficoltà del quadro», è emerso, «sulla Tunisia si registrano progressi sia da parte degli Stati Uniti che dell’Unione europea, grazie anche all'impegno italiano». A conferma dell’accelerazione il fatto che nei prossimi giorni a Roma il ministro degli Esteri tunisino, Nabil Ammar, incontrerà il titolare della Farnesina Tajani. Se il fronte più caldo è quello della stabilizzazione della Tunisia, il piano del governo intende procedere in anticipo sul tracciato emerso dal Consiglio europeo straordinario. In cima alla listavi è l’intenzione di stabilire nuovi accordi di cooperazione e sviluppo con i Paesi di provenienza (già attuati quelli con Costa d’Avorio, Burkina Faso, Bangladesh, Guinea, Pakistan, Tunisia, Egitto, Camerun, Mali e Siria) dei migranti irregolari. L’obiettivo? Accelerare i rimpatri in cambio dell’aumento dei visti regolari di lavoro.
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Argomento che sarà affrontato oggi dal premier Meloni con il “collega” spagnolo Pedro Sanchez che ha adottato diversi progetti simili per affrontare la questione immigrazione in casa propria. Altro punto qualificante su cui sta lavorano la cabina di regia è la revisione della cosiddetta “protezione speciale”: una decisione su cui il governo intende insistere dopo i primi passi stabiliti nel decreto Cutro. Da segnalare, del resto, l’assist sul punto giunto dalla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, la quale - sollecitando gli Stati membri ad aumentare i rimpatri di coloro che non hanno diritto a restare - ha ricordato come la «maggior parte dei richiedenti asilo» nell’Ue «non ha bisogno di protezione internazionale» (rispetto a cui quella “speciale” è un’integrazione presente solo in Italia).
Confermata, poi, l’intenzione di attivare un Centro per i rimpatri in ogni regione. Per tale motivo l’esecutivo ha intenzione di reperire al più presto nuove strutture per ospitare i migranti «senza pesare sui territori interessati». Tradotto: niente centri di grosse dimensioni (con tutti i problemi di ordine pubblico che potrebbe generare), sì alla gestione in piccoli numeri, con la collaborazione degli enti locali. Se le misure su cui si sta ragionando sono queste, il decreto Cutro da parte sua è all'esame della commissione Affari costituzionali del Senato. L’attenzione della maggioranza, su cui non è mancato in questi giorni un accenno di dialettica, è tutta sui 21 emendamenti presentati dalla Lega. L’obiettivo è trovare una sintesi sulle richieste del Carroccio che insiste molto, come è noto, sulla stretta riguardante proprio la protezione speciale. A proposito di ciò, uscendo dalla riunione Matteo Salvini ha ribadito «piena fiducia» nella premier e nei ministri che stanno affrontando il “piano”.
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