"Italiano", la parola della settimana: a proposito del nostro idioma
«Io nacqui veneziano ai 18 ottobre del 1775, giorno dell’evangelista san Luca; e morrò per la grazia di Dio italiano quando lo vorrà quella Provvidenza che governa misteriosamente il mondo». È l’inizio delle Confessioni di un ottuagenario (1867), meglio note come Le confessioni di un italiano. Nel romanzo di Ippolito Nievo sono ben 69 le attestazioni della parola “italiano”, otto delle quali a significare quell’idioma nazionale balzato negli ultimi giorni alle cronache per via della proposta di legge (primo firmatario il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, deputato di Fratelli d’Italia), che punta a istituire un Comitato in difesa dell’italico idioma.
A suo tempo a proposito del nostro idioma, incaricato di accompagnare il processo di costruzione del neonato Regno d’Italia, il Manzoni provò a «stabilire fra ogni nazione (e pel canto suo fra gli italiani) una lingua parlata comune, per cui una stessa cosa» fosse chiamata allo stesso modo in ogni luogo della penisola. «Questa lingua dittatrice egli non dice che debba essere, né quella di tal autore, né di tal epoca, no, vuole che sia la lingua viva che crei il vocabolo a misura che ne nasce il bisogno, e che quel vocabolo sia adottato dappertutto.
La sede della lingua, per la Francia, dovrebbe essere naturalmente a Parigi, che è il centro politico e d’ogni cosa, il luogo ove si concorre da ogni provincia per prendere esempio. (...) In Italia, purtroppo, non esiste centro politico unico, ma per supplirvi (dice Manzoni) abbiamo una parte d’Italia ove da secoli si parla una lingua che per consenso generale è considerata come la vera e migliore, e questa è la Toscana. Accettiamo dunque questo vantaggio e decidiamo di adottare tutti quella stessa lingua. Si dirà: ma in Toscana vi sono pure varietà e modi di dire secondo le città. Ebbene, siccome la lingua da preferirsi è la più viva, è naturale che sia quella che vien parlata nella Capitale, dunque scegliamo Firenze» (Aldobrandino Malvezzi, a cura di, Diario politico di Margherita Provana di Collegno (1852-1856), illustrato con note e documenti inediti, Milano, Hoepli, 1926, p. 131 sg.). Chissà se Rampelli approverebbe.