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Le nomadi arrestate più di 40 volte: ecco chi viene difeso dal Pd

Massimo Sanvito
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Ana è bosniaca, ha 29 anni, nove figli e una propensione innata al furto. «Sono arrivata a mille euro in un giorno», ha spiegato nei giorni scorsi con una buona dose di strafottenza. «Ma è un’eccezione, perché anche 500 euro sono una fortuna ora che la gente gira con poco contante. Io però ho pazienza. Sette giorni su sette, dalla mattina alla sera». Hai capito? Vive alla periferia Nord di Milano, insieme ad altre «colleghe di scippi», e pattuglia la metropolitana - tra Duomo e Stazione Centrale- per ripulire tasche e borse di chiunque le capiti a tiro, specialmente donne. Professione borseggiatrice. «L’unica cosa che mi riesce bene è rubare», ha ammesso.

 

«NON VADO MAI IN CASERMA» - Il modus operandi è sempre lo stesso: un occhio al portafogli o al cellulare della potenziale vittima nei pressi dei distributori automatici di biglietti e poi via col pedinamento. Fin sopra il vagone: il giubbotto sopra il braccio, a nascondere la mano con cui colpirà, e il gioco è fatto. Ma com’è possibile che una nobildonna come Ana possa regalarsi cospicui bottini praticamente 365 giorni all’anno? Ora che la legge Cartabia è in vigore, senza querela il reato di furto non è perseguibile d’ufficio. Ergo: una borseggiatrice arrestata viene rilasciata dopo qualche ora. E loro sanno benissimo di non rischiare nulla. Impunità ai massimi livelli. Anche perché la quasi totalità di queste ladre seriali è incinta oppure ha figli piccoli. E quindi... «Non mi portano più nemmeno in caserma. Prima ci finivo anche più volte al giorno: sempre rilasciata perché incinta o in quanto madre di neonati», ha spiegato Ana con soddisfazione.

 

«IL PARADISO DEGLI ZINGARI» - Che dire poi di quell’altra signora che risponde al nome di Adrijana Omerovic, capace di mettere insieme 45 arresti ad appena 35 anni per furto. Era l’estate del 2018 quando la nomade, intercettata dalla Squadra mobile di Milano, diceva a un amico: «È proprio un paese di handicappati l’Italia. Però è un paradiso per gli zingari!». Si sbellicava dalle risate: «Il paese di divertimento per gli zingari». La Polizia stava indagando su un gruppo criminale collaudato: gli uomini a organizzare le batterie di ladre e le donne a borseggiare senza pietà nelle zone più affollate. A Milano come a Venezia, a Firenze come a Roma. I campi nomadi e le case popolari occupate abusivamente come base per i blitz quotidiani sui mezzi pubblici. «I turisti giapponesi sono i migliori», si ascoltava nelle registrazioni. Il giudice, nell’ordinanza d’arresto di fine 2019 per la banda di borseggiatrici rom capaci di raccogliere fino a 30.000 euro al mese, lo scriveva a chiare lettere: «Il gruppo è fondato sulla buona conoscenza del sistema penale italiano, ossia sullo sfruttamento delle norme che tutelano le donne incinte e le madri di prole in tenera età, limitando l’applicazione della custodia cautelare in carcere prima della condanna e determinando poi il differimento della esecuzione della pena».

 

 

«È IL NOSTRO LAVORO» - Tanto che gli investigatori avevano chiamato l’indagine «Ieri, oggi e domani», come il film anni ’60 di Vittorio De Sica in cui Sophia Loren interpretava il ruolo di una contrabbandiera di sigarette sempre incinta per evitare le sbarre. Perché alla fine c’è una sorta di tragicomicità in questo fenomeno senza confini che si concentra nelle grandi metropoli. Chat di vicinato e gruppi social sono pieni zeppi di video-denuncia, quelli osteggiati dal Pd, in cui le borseggiatrici ci mettono la faccia senza troppi problemi. Il ritornello è sempre lo stesso: «Cosa volete? Noi facciamo il nostro lavoro. Sì, rubiamo. Cosa vi importa se rubiamo?». E a chi prova a chiamare in causale forze dell’ordine, ecco la risposta: «Non gli interessa niente alla Polizia». Tra insulti e dita medie.

 

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