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Utero in affitto? Base, plus e vip: ecco tutti i contratti

Andrea Scaglia
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Certo è che fa impressione. E non si tratta di metterla sul piano dell’etica, poiché qui si vorrebbe impostare un discorso del tutto laico - nel senso più generale del termine. D’altronde, la maternità surrogata (o gestazione per altri) presuppone la prestazione di una terza persona in seguito alla richiesta formalmente presentata da parte di uno o due committenti, richiesta pressoché sempre mediata da un’agenzia, e dunque va prentivamente regolata. Normale quindi che la cosa sia regolata da un contratto, e però - ripetiamo - quando ci sono di mezzo gravidanze e parti e poi neonati, la fredda schematizzazione da esercizio commerciale suona stonata. Ma tant’è.

 

 

 

Innanzitutto una premessa, visto che- anche se è argomento di grande attualità - non tutti hanno chiaro di quel che si parla. La maternità surrogata prevede che una donna porti avanti la gravidanza per conto di altre persone. In quella tradizionale, la “madre surrogata” offre anche il proprio ovulo, che sarà dunque inseminato con lo sperma del genitore richiedente. Nella “maternità surrogata gestionale”, invece, l’embrione è ottenuto in laboratorio dall’unione di ovulo femminile e sperma maschile, e viene poi trasferito nell’utero della madre surrogata che - come detto dà in prestito il suo corpo fino al momento del parto. Il bambino che nasce, dunque, possiede il codice genetico di uno o anche di entrambi coloro che, poi, diventeranno di fatto i genitori del bambino.

Ed ora andiamo ai contratti. I termini si trovano facilmente sui siti delle agenzie che forniscono il servizio. Cominciamo con uteroinaffitto.com, riferibile a BioTexCom, clinica che ha sede a Kiev, in Ucraina, specializzata in tutte le tecniche di fecondazione assistita. Qui si può consultare una schematizzazione dei contratti offerti proprio in ordine alla maternità surrogata. Premettendo che «il costo del contratto è diviso in 6 rate, ogni pagamento viene effettuato in una certa fase del programma» (sui costi torneremo dopo: ovviamente quelli di viaggio fino in Ucraina non sono compresi), si spiega che ci sono tre possibili inquadramenti. Il contratto “standard”, che assicura l’assistenza medica per tutto il periodo necessario (compreso il servizio pediatrico post parto), un pacchetto di supporto trasporto, cibo, alloggio per due mesi, l’assistenza per ottenere i certificati, e però viene sottolineato che non comprende alcuni aspetti: la possibilità di scegliere la donatrice dal loro database (quindi te la devi portare da casa, supponiamo), la copertura di spese supplementari se nascono dei gemelli, il test Pgd (cioè quello per verificare la salute del feto).

 

 

 

Tutte cose invece incluse nel contratto “plus”, compresa, per l’appunto la possibilità di scegliere la gestante nel famoso database interno. Inoltre sarà fornito pure un servizio di baby sitter, sei ore al giorno, per assistere il futuro poppante (e l’assistenza logistica è assicurata per tre mesi). Infine c’è il contratto “vip”, che contempla tutti i servizi medici e genetici possibili e immaginabili, l’assistenza trasporto-vitto-alloggio che sale a quattro mesi, la baby sitter assicurata per otto ore al dì. Trattamento deluxe, insomma. Accennavamo ai costi. Cambiamo sito e agenzia: passiamo a quello della Feskov, società anche questa con sede in Ucraina (e subito, nella home page, si informa che l’attività non è stata affatto interrotta per la guerra: «La nostra clinica è aperta!»).

Veniamo ai prezzi. Ovviamente, variano a seconda dei servizi offerti, e dei relativi contratti. Prendiamo il pacchetto “confort guarantee”: qui la fecondazione in vitro è compresa, la madre surrogata è “a scelta” dei committenti o del committente e può eventualmente donare ovociti “illimitati”, la “copertura dei rischi” arriva però solo fino alla 12 settimana di gestazione, il tutto per un costo totale di soli euro 17mila (se si opta per il pacchetto “Vip guarantee”, con copertura dei rischi fino alla nascita del piccolo, il prezzo sale a 28mila). Il pacchetto successivo garantisce servizi ulteriori, anche burocratici e ben oltre il parto, e prevede anche l’utilizzo di propri ovociti (operazione più delicata, perché va impiantato l’embrione nell’utero della madre surrogata): 37.500 euro. Se si vuole poi stabilire da prima il sesso del nascituro, ecco che la tariffa sale ulteriormente fino a oltre 60mila euro.

Ecco, questo è il quadro, sia pur parziale. E pure chi scrive, sempre sospettoso rispetto all'etica troppo spesso presa a scusa per limitare la libertà altrui, non può fare a meno d'interrogarsi. Nel senso: c'è un punto oltre il quale il desiderio di maternità/paternità diventa insopportabilmente artificioso? Quali implicazioni può celare una pratica fecondativa che, per regalare l'immensa gioia, stravolge completamente il corso naturale delle cose? E come si potrà evitare il bieco sfruttamento, quello che magari fa leva sullo stato di bisogno delle donne che si prestano? C’è di che riflettere. 

 

 

 

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