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"Schwa", la lettera che doveva includere e che invece divide

Claudia Osmetti
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Schwa, schwa. Ma che c’azzecchi tu, schwa? Una “e” rovesciata nata sotto il sacro (si fa per dire) fine dell’inclusione e che invece ha finito per escludere tutti: noi che abbiamo sviluppato l’orticaria a ogni rigurgito di politicamente corretto, i lettori elettronici che vanno in tilt ogni volta che t’incontrano e, adesso, pure i poveri cristi coi dsa, ossia coi disturbi specifici dell’apprendimento, insomma: i dislessici, che già fanno fatica a leggere normalmente, figurati se sono costretti a strabuzzare gli occhi davanti a un segno grafico che non ha pronuncia e che mette in difficoltà anche chi divora romanzi senza intoppi. Schwa, schwa: ma che ci stai a fa’? In questi giorni, l’Università di Genova, si è impegnata a varare il protocollo del linguaggio inclusivo: sai quella serie di raccomandazioni e suggerimenti su come parlare, esprimersi o rivolgersi agli altri per evitare che si sentano in imbarazzo (e che poi, in verità, serve a evitare altro: ossia che dopo l’impaccio scatti pure una querelina per discriminazione)? Bisogna scegliere le locuzioni neutre, meglio la forma passiva e impersonale, viva sempre il doppio genere: ‘ste cose qua, viste e riviste.

 

Non è il primo, l’ateneo ligure, che le mette nero su bianco in un capitolone di linee guida destinate ai dipendenti. Solo che, a Genova, si sono accorti di una cosa. Si sono accorti di te, schwa. Che funzioni no. E per par condicio il discorso vale anche per l’asterisco alla fine delle parole. Create solo confusione, tu e ‘sto benedetto (si fa ancora per dire) asterisco. Tanto per cominciare chi è affetto da un qualsivoglia disturbo dell’apprendimento (davanti a tutti i dislessici, che abbiamo impiegato anni per non trattare come studenti di Serie B: e finalmente l’abbiamo capito) che non sa come comportasi. Si blocca. Sta leggendo, magari a voce alta, e s’inceppa. Però, ecco: é che ci inceppammo anche noi. Perché lo sai qual è il tuo difetto principale, schwa? Non hai un suono. O meglio: tecnicamente ce l’hai, ma è impronunciabile. Una sorta di vocale intermedia, suggerita a mezza bocca che (spiegano in rete) deve essere «rilassata, ma non deformata e solo leggermente aperta». Qualsiasi cosa voglia dire oltre al fatto che sì, hai un segno grafico, ma ti manca tutto il resto. Sei poco pratica. Infatti (in seconda battuta) anche i lettori ottici, che sono computer e dovrebbero andare in automatico, non si raccapezzano. Sei nata per zompare sulle indicazioni di sesso, schwa: per non far sentire discriminato nessuno, per non etichettare nessuno, per non qualificare nessuno. E guarda un po’ come è finita. Al paradosso.

 

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