Cerca
Logo
Cerca
+

Bologna, la guerra del cous cous: cosa servono ai bimbi in mensa

Esplora:

Daniele Dell'Orco
  • a
  • a
  • a

Per educare i giovanissimi al rispetto per l’ambiente il Comune di Bologna ha individuato un sistema davvero innovativo: affamarli. Nell’ambito della Green Week (la “settimana verde”) giovedì scorso nelle mense scolastiche è stato servito un piatto di cous cous, lenticchie e carote lesse. Una scelta a dir poco contestata dall’Osservatorio Mense, cioè dai gruppi di genitori che assaggiano le pietanze che verranno servite ai loro figli.

Dopo aver ricevuto commenti negativi dagli studenti, si sono riuniti in un’assemblea e hanno manifestato il loro malcontento per il servizio di refezione che fa capo a Ribò, marchio Camst, nato per gestire le mense comunali e con un appalto aggiudicato fino al 2025. Prima il servizio era gestito da Seribo, società partecipata dal Comune al 51 per cento, ma dal 2015 si decise di cambiare schema.

CAPOLUOGO DEM
I genitori degli Anche nella rossa Bologna, insomma, si scelse un po’ di sano capitalismo per migliorare i disastri del servizio pubblico. Ma anche se le cose vanno meglio almeno dal punto di vista della qualità è subentrato un problema se possibile ancora più grande: che i bambini non si saziano: «Escono da scuola che hanno una gran fame, a volte le maestre si tolgono la roba dal piatto per darla a loro. La qualità è migliore di un tempo, ma ci sono abbinamenti discutibili, come la pizza con le carote crude di contorno che rimane un grande classico. Io credo che dovrebbero puntare su alimenti più semplici, preparazioni di base, come la pasta o il riso, invece che infilarsi in sperimentazioni con i legumi», dice a Repubblica una delle mamme.

Altri genitori, in buono stile emiliano visto che da quelle parti pure quando si frigge non si centellina certo l’impanatura, apprezzerebbero di più scelte tradizionali, anche semplici, per evitare che i figli non mangino nulla a fronte dei 100 euro al mese circa di esborso, non proprio una cifra da niente.

E proprio in virtù del costo, l’idea di ritrovarsi sul piatto c non è andata giù a nessuno. Ma d’altronde, c'è da salvaguardare il pianeta, come sostiene l’assessore alla Scuola, Daniele Ara (Pd, con una formazione nella gioventù comunista), che oltre a non aver apprezzato la levata di scudi social di genitori e insegnanti (una docente delle scuole Manzolini, nell’Istituto Comprensivo 8, ha contestato un piatto servito ai bambini definito scondito e poco appettibile, con enormi scarti), ha detto: «Quel piatto di cous cous, lenticchie e carote andava servito meglio, condito con rosmarino e olio di oliva, proposto in modo diverso. 

Comunque, era perfettamente equilibrato». Poi, ha rincarato la dose facendo il nutrizionista-sceriffo: «Bisogna stare attenti, perché il nostro problema è l’obesità non la denutrizione. L’Ausl ci dice di andarci piano con i “bis”». E poi, ha continuato: «Dobbiamo dire che di fronte a un piatto come quello dell’altro giorno, di fatto vegano, che serviva anche a riflettere sull'impatto climatico dei nostri stili di consumo, si è visto che ci sono spinte contrastanti: c’è una parte di famiglie che ci chiede un impegno più forte sui prodotti sostenibili dal punto di vista ambientale. Per una parte dei genitori conta invece la quantità e in mezzo c'è il ceto medio. 

Il cambio di stile di vita è fondamentale perché le proteine animali distruggeranno il nostro pianeta». Quindi poche lamentele e molta disciplina, altrimenti Greta si arrabbia. E già che ci siamo anche un po’ di inclusività, privilegiando le ricette del Maghreb a quelle della cucina bolognese famosa solo il tutto il mondo. Per fare come Carlo Verdone e Renato Pozzetto in “7 chili in 7 giorni” mancano solo le punizioni corporali.

Dai blog