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Cospito, i suoi fan inneggiano alle Br: l'audio choc

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Daniele Dell'Orco
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 Non erano sufficienti i manifesti shock affissi il 2 febbraio sulla scalinata di accesso alla facoltà di Lettere dell’Università La Sapienza, accanto alla targa in ricordo dell’anarchico Giuseppe Pinelli. Non erano sufficienti le “foto segnaletiche” delle più alte autorità del Paese (il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, l’ex Guardasigilli Marta Cartabia, Giovanni Russo, capo del Dap, Pietro Curzio, presidente della Corte di Cassazione, Anna Maria Loreto, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Torino, il presidente del consiglio Giorgia Meloni e il procuratore nazionale antimafia Gianni Melillo) accompagnate dalla scritta: “Ecco chi sono gli assassini di Alfredo Cospito".

No, ciò che di addirittura peggiore circola all’interno delle manifestazioni studentesche a sostegno degli insurrezionalisti è il pensiero appena sussurrato dagli studenti tra i corridoi ma carpito dalle telecamere di Quarta Repubblica. Quando si sono presentati in facoltà per riprendere il “comizio” al centro dell’occupazione delle aule, i colleghi sono stati dapprima presi a male parole con accuse della serie: «Tu pensi che siamo dei coglioni?» come detto da uno dei ragazzi a Claudio Rinaldi. «Per favore vattene affanculo. Poi però se ti meniamo non ti lamentare, capito?». E ancora: «Guarda, tu devi ringraziare che non ti prendiamo a calci in culo».

 

 

 

RETORICA ANARCOIDE

Ma il peggio non è tutto qui. All’interno dell’aula, un collaboratore della trasmissione introdottosi è riuscito a intercettare parole choc: «Alfredo Cospito è (un caso) esemplare. E come lui sono stati ricordati i compagni delle Br che sono in carcere da 40 anni. Quello che è stato fatto negli anni ’70 e ’80 ha avuto tale valore che ancora adesso lo Stato» maledice «quelli che chiamano Annidi Piombo e che invece sono stati anni rivoluzionari». La rivoluzione copernicana, praticamente. Cioè le Br sarebbero le vittime di un sistema che negli anni ’70 e’80 hanno “combattuto” a colpi di attentati e sono state ridotte dalla retorica anarcoide a effetto collaterale delle rivoluzioni. Ovviamente, in pieno spirito brigatista, non sono mancate le minacce: «Se Alfredo morirà- dice un ignoto aizzatore di suggestionabili studenti- sappiamo chi sono i responsabili. In quel caso la lotta continuerà, non finirà certo con la sua morte e sarà ancora più determinata. Chi sta dall’altra parte deve rendersene conto».

Chissà, magari vorrebbero emulare le gesta dei terroristi rossi che uccisero Aldo Moro, Marco Biagi e altri. O chissà magari proprio qualche giornalista, visto che - come dimostra l’ostilità nei confronti dei microfoni di Quarta Repubblica - un fattore centrale nella protesta degli studenti è un sedicente «tenebroso clima poliziesco e repressivo sostenuto dalle testate nazionali di questo Paese, che parla di minaccia anarchica, e perquisisce gli studenti che entrano nella propria università o fanno striscioni», come hanno rivendicato nei vari comunicati. Il riferimento era ad alcune perquisizioni a campione che la vigilanza dell’ateneo avrebbe fatto ad alcuni studenti. Erano le torride ore in cui fuori dal rettorato venne appesa una scritta che recitava: “L’università è complice nel silenzio“, e ancora: “Fuori tutti dal 41bis” e “Alfredo libero”. Insomma, i ragazzi ne hanno per tutti. O meglio, i gruppi che si sono presi la briga di rappresentarli e che sono principalmente racchiusi intorno alle sigle Cambiare Rotta e Osa.

 

 

 

SOLIDALI CON ALFREDO

Proprio nelle note pubblicate dal primo gruppo che si definisce “organizzazione giovanile comunista” trapela tutta la pericolosità che non sono stati i media ad attribuire a fenomeni del genere, ma che hanno semplicemente fatto venire a galla. In solidarietà con «Alfredo» (lo chiamano così, con confidenza tra compagni) accusano la classe politica tutta, opposizione compresa, di «squallore» e attaccano Giovanni Donzelli (FdI) che «ha avuto la faccia di sostenere nella figura di Cospito la continuità tra boss mafiosi e militanti politici». Oddio, alla luce del contenuto delle loro riunioni, la continuità con la mafia magari non ci sarà, ma con l’apologia del terrorismo sì. 

 

 

 

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