Ratzinger, è scoppiata la resa dei conti con Francesco: "Chi sarà cacciato"
Un vero fulmine a ciel sereno. Nessuno, nelle sacre stanze come pure nei palazzi della politica e nelle redazioni giornalistiche, si sarebbe mai aspettato di leggere parole così forti pronunciate dall'uomo più vicino al defunto pontefice Benedetto XVI con ancora la sua salma esposta alla venerazione dei fedeli. Ieri, infatti, Mons. Georg Gänswein ha stupito tutti rilasciando un'intervista esplosiva al quotidiano cattolico tedesco Die Tagespot in cui, senza giri di parole, ha definito la scelta di papa Bergoglio - stabilita con il Motu Proprio Traditionis custodes emanato 16 luglio 2021- di abolire la messa in latino come qualcosa che «ha spezzato il cuore a Benedetto».
Nello specifico, il segretario personale di Ratzinger, fidato collaboratore che per trent'anni è stato al fianco del 265esimo successore di Pietro fin dal 1992, quando Ratzinger era prefetto della congregazione per la Dottrina della Fede (l'ex Sant'Uffizio), che lo ha accompagnato per tutto il pontificato e infine accudito negli ultimi dieci anni successivi alla rinuncia fino alla morte, ha detto: «L'intenzione di Papa Benedetto, ripristinando la messa in latino (con il Motu Proprio Summorum Pontificum del 2007, ndr) era stata quella di aiutare coloro che avevano semplicemente trovato una casa nella Messa antica, a trovare la pace interiore, una pace liturgica. Se si pensa per quanti secoli la Messa antica è stata fonte di vita spirituale è impossibile immaginare che non abbia nulla da offrire». Poi la stilettata personale: «Togliere questo tesoro alla gente, perché? Non credo di poter essere a mio agio con questo».
LIBRO DELLA DISCORDIA
Parole nette e forti, provenienti non da un semplice prelato, ma da colui che, è bene ricordarlo, a tutt' oggi è formalmente il Prefetto della Casa pontificia, ovvero colui che dovrebbe regolare e organizzare tutto all'interno del Palazzo Apostolico, a cominciare dalle udienze di rappresentanza del Sommo Pontefice con i capi di stato e le delegazioni estere, fino alle udienze generali del vicario di Cristo. Dovrebbe, appunto. Perché Mons. Georg, innalzato alla dignità vescovile e nominato appunto prefetto da Benedetto XVI nel gennaio 2013, a meno di un mese dalla sua storica rinuncia, pur conservando l'incarico è ormai da esattamente tre anni, cioè dall'inizio di gennaio del 2020, che non appare più accanto al papa argentino. Congedato a tempo indeterminato. La pietra dello scandalo che allora fece andare su tutte le furie Bergoglio fu l'uscita del libro del cardinale Robert Sarah, capofila dei conservatori ultra-ratzingeriani, "Dal profondo del nostro cuore" sul celibato ecclesiastico.
Il Papa emerito scrisse la prefazione al testo del cardinale guineano ma, dopo averne corretto le bozze con l'aiuto di Gänswein, il volume fu dato alle stampe a doppia firma, quella di Benedetto XVI e quella del cardinale. Un oltraggio per Bergoglio che vedeva sostanzialmente smontata l'impalcatura del sinodo svoltosi poche settimane prima con al centro proprio il celibato dei preti. A poco valse che, nella seconda ristampa, il libro uscisse con la sola firma di Sarah, la frittata era fatta. La colpa fu ovviamente data a Gänswein che, raccontano Oltretevere, in un'udienza assai turbolenta venne messo alla porta dal regnante pontefice con queste parole: «Rimarrai al tuo posto, ma io non ti voglio più vedere». Adesso, con il pontefice emerito che tra qualche ora riposerà in una triplice cassa per l'eternità, tutti si chiedono che fine farà il suo storico segretario. Chi gli è vicino lo definisce «turbatissimo», addirittura «terrorizzato» per il suo futuro e chi conosce bene il pontefice argentino sa che tra le sue qualità non è annoverata quella del perdono. Soprattutto nei confronti di chi gli rema contro o lo attacca a viso aperto.
IL PROSSIMO CONCLAVE
«L'intervista al Die Dagespot», dice a Libero una fonte che vuol rimanere anonima ma che è munita di porpora, «è stata un grande errore di mons. Georg, rischia di essere, e certamente sarà, il pretesto per farlo fuori da tutto e magari mandarlo a dirigere una piccola diocesi in Germania». «Di certo - prosegue il porporato che ci ha concesso qualche parola telefonica - quelle parole stridono con le precedenti interviste di Gänswein, in cui riconosceva apertamente che dal 2013 c'è sempre stato un solo Papa, e si chiama Francesco. Cos' abbia spinto ad un attacco, seppur velato, al pontefice regnante io non lo so», conclude il cardinale. Cosa accadrà lo vedremo probabilmente già nei prossimi giorni, quando la lapide di Benedetto XVI sarà posta sul loculo che ospiterà da oggile sue spoglie mortali e che già ospitò quelle di Giovanni Paolo II fino al 2011. Una cosa è però chiara a tutti: le due correnti contrapposte in seno alla Chiesa cattolica, quella conservatrice, che ha avuto fino ad oggi Ratzinger come massimo riferimento, e quella progressista o bergogliana, si sono dichiarate guerra e stanno affilando le armi in vista del futuro Conclave.