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Vittorio Feltri, onore al merito: premiare i migliori rende il mondo migliore

Vittorio Feltri

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Per gentile concessione del mensile «Arbiter» proponiamo l'articolo di Vittorio Feltri pubblicato sul numero in edicola a dicembre.

La sinistra ha dichiarato guerra al merito in nome dell'uguaglianza. È bastato che il nuovo governo associasse al ministero dell'Istruzione la dicitura "e del Merito" per scatenare una polemica. Merito? Giammai. Secondo la sinistra, merito è il contrario di uguaglianza. L'errore di prospettiva è davvero tragico. Infatti, merito, in realtà, è il contrario di privilegio. Il merito non dipende dal censo o dalle origini famigliari. Il merito è democratico e premia chiunque sia disposto a fare fatica. Questo non sempre accade in Italia dove il merito è spesso mortificato. Ma non è un limite del merito, è un difetto nazionale, quasi sempre effetto del privilegio. Nei concorsi deve "passare" il candidato difeso dal politico o dal barone universitario. Il più bravo? Se avanza un posto, va bene. Altrimenti provi altrove. Si parla spesso di fuga di cervelli.

Lo Stato spende fior di euro per educare un ragazzo dalle primarie fino alla laurea. Poi lo lascia nelle mani di chi vuole fare andare avanti i "suoi". Meglio ripiegare su Paesi meritocratici, come quelli anglosassoni, con la triste consapevolezza che una volta superata Chiasso nessuno vorrà dare un'occasione a un cervello di ritorno. Il merito non solo è democratico ma anche profondamente pedagogico perché implica perseveranza, disciplina, impegno.

 

 

 

SCUOLE E UNIVERSITÀ

Il genio nasce da questo atteggiamento. Non si tratta quindi di annichilire il merito ma di abbattere il privilegio. Non ci vuole un genio per capire come: si parte alla pari, poi ciascuno arriva dove può e vuole arrivare. Senza insistere sul merito, le cose non cambieranno mai: buone scuole, insegnanti privati e università prestigiose sono riservate a chi se le può permettere, magari non perché le merita, ma perché le paga. In Italia, a Pavia e altrove, ci sono i collegi universitari di merito: si versa una retta proporzionale al reddito della famiglia ma numerosi sono i posti gratuiti peri meno abbienti. L'ingresso, per concorso, e la permanenza sono questione di merito: mai fuori corso, media superiore al 27, nessun voto sotto al 24.

I figli degli operai (gratuiti) convivono con quelli degli avvocati (che invece pagano la retta). Qualcuno conosce un ascensore sociale più efficace di questo? Possiamo aggiungere altre osservazioni. Il valore sul mercato di una tesi di laurea cambia sensibilmente a seconda dell'ateneo in cui è stata conseguita. La laurea in alcune università esclusive ha un valore sul mercato. La laurea nella maggioranza degli atenei è un pezzo di carta. Beati i privilegiati che possono permettersi le prime e maledetto chi si deve accontentare dei pezzi di carta. Solo premiare il merito a tutti i livelli, dagli studenti ai docenti, porta miglioramenti. Ricordo una vecchia inchiesta.

 

 

 

L'AUTONOMIA

Non troppi anni fa, ogni istituto aveva in dotazione un tesoretto, esiguo, con il quale si premiavano gli insegnanti che volevano fare qualcosa in più: progetti educativi, manutenzione dei laboratori, apertura della biblioteca... Era l'epoca dell'autonomia scolastica, una giusta riforma smontata pezzo per pezzo dagli immortali burocrati del ministero, spesso più potenti dei ministri stessi. Comunque, quando si arrivava al dunque, arrivava anche il sindacalista. Il suo ruolo era ottenere soldi a pioggia senza distinguere merito e impegno. In questo modo si ottenevo un duplice risultato: riempire le tasche dei fannulloni e svuotare la scuola di buone idee e buona volontà. A peggiorare le cose, per la sinistra, sono arrivate le prime parole di Giuseppe Valditara, ministro dell'Istruzione e del Merito. Improntate al buon senso e più progressiste di quelle dei molti colleghi che lo hanno preceduto nel ruolo: «Il merito serve a garantire che la partenza sia la stessa mentre il traguardo finale dipende da te. Vogliamo garantire un'opportunità a tutti e far tornare la scuola ascensore sociale».

Vedremo se alle parole seguiranno i fatti ma intanto non possiamo non osservare che la sinistra moderna si è fatta rifilare una lezione su un fattore di sicuro progresso come il merito e ha dato l'impressione di voler perpetuare il privilegio. I denigratori del merito tra l'altro dimenticano alcune cose fondamentali: l'articolo 34 della Costituzione dice che «i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi»; a pagare le conseguenze di una svalutazione del lavoro meritevole sono i più deboli che per migliorare hanno una sola via: la serietà degli studi. Insomma, studiare è un lavoro e, anzi, il primo lavoro che i giovani devono imparare a fare per affrontare vita e società. Non a caso Antonio Gramsci insisteva in un suo scritto, da poco ripubblicato (Anche lo studio è un mestiere, Edizioni di Comunità), che «occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale, anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza». 

 

 

 

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