Mosè, un miracolo a Venezia: cos'è successo in Laguna
Anche stavolta è arrivata a novembre la "tempesta perfetta", a soffiare acqua, vento, gelo e paura su mezza Italia e qui, nel Veneto. Soprattutto paura in laguna, a Venezia, Chioggia, Sottomarina... Alle 2 di notte di ieri, nel buio fitto, tra la pioggia battente e il vento di scirocco che poi lascia il posto alla bora, con raffiche gelate fino a 120 chilometri all'ora, Venezia sente la morsa avvicinarsi. Ed ecco che si alzano le 78 paratoie di acciaio del Mose color giallo acido, per lasciare fuori la tempesta, del tutto simile a quella scatenata il 12 novembre 2019, l'acqua granda, che ha allagato tutta la città. Anche questa è una marea eccezionale, la terza più alta della storia, ma a differenza del passato Venezia è rimasta praticamente all'asciutto. Questa volta ad aspettare la tempesta perfetta c'è il Mose, che tre anni fa ancora non funzionava. Le 78 paratoie stanno reggendo l'urto dello scirocco, il vento da sudest che spinge le acque dell'Adriatico contro la laguna, e poi le raffiche della bora da nordest, che spinge contro Chioggia l'acqua della laguna. Sollievo e soddisfazione da parte delle istituzioni. «È andato tutto secondo le procedure», ha commentato il Commissario Straordinario per il Mose, Elisabetta Spitz, «è stato un test molto importante per il Mose. Il lavoro fatto in questi anni ha contribuito in maniera determinante a rendere le operazioni di sollevamento sempre più efficienti». Il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, ha dichiarato che «senza il Mose sarebbe stata un'altra devastazione». Quel che è successo in effetti il 12 novembre 2019, senza barriere mobili.
"Tra poche ore il picco". Meteo, paura a Venezia: così la città rischia una nuova sciagura
Il Mose come "salvatore". Sono in molti i veneziani a dirlo ora, a scriverlo sui social: senza quelle paratie sollevate sarebbe stato un disastro. Ma non è stato sempre così. Lo stesso sindaco ha voluto ricordare: «Mi è venuta in mente la fotografia di uno striscione di protesta davanti alla Basilica di San Marco con scritto "No Mose. No grandi opere, no grandi bidoni". Denigrare è facilissimo usando una scenografia fantastica come Venezia ma bisogna avere il coraggio di fare scelte e credere nella tecnica», ha concluso Brugnaro. Anche il presidente del Veneto, Luca Zaia, ne è convinto: «La congiuntura è simile a quella del 2019: scirocco, venti forti, e quindi tutto quello che ne consegue», ha dichiarato, «siamo arrivati a fine novembre con temperature miti, e siamo preoccupati di questi 175 centimetri di acqua alta per cui, se non ci fosse il Mose, avremmo già un disastro su Venezia». Un'opera di ingegneria «che sta salvando un patrimonio dell'umanità», sottolinea il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, secondo il quale «la sola giornata di oggigiustifica il lavoro e la spesa dell'opera: senza Venezia sarebbe sott' acqua».
Il Mose è uno dei progetti più voluti, più complicati, più criticati che l'Italia abbia mai portato avanti. Si tratta di sistema colossale di quattro dighe a scomparsa, un'opera di ingegneria unica al mondo, progettato a partire dagli anni '80. È formato da 78 paratoie mobili sul fondo delle tre bocche di porto, i bracci di mare che uniscono l'Adriatico con la laguna. Quando l'acqua supera il livello di guardia, le paratoie si alzano una a fianco dell'altra fino a impedire l'entrata del mare nella laguna. Una storia travagliata, questa. La prima pietra viene posata il 14 maggio 2003 da Silvio Berlusconi. Dopo 19 anni è quasi finito, ma vanno completati alcuni allestimenti. Costo totale dell'opera, circa 6 miliardi. Costo annuo di gestione, circa 100 milioni. C'è anche il triste capitolo delle tangenti e dissipazioni di ogni genere; nel 2014 un'inchiesta aveva portato all'arresto di 35 persone. Il coro anti Mose si è allora allargato e ha ripreso vigore. Ma l'opera non si è fermato. E oggi i frutti si vedono.