L'importanza dell'istruzione per il futuro dell'Italia: cosa non scordare
Con l'insediamento del nuovo Parlamento abbiamo sentito infiniti appelli alla difesa dei valori costituzionali. Solo retorica. Si pensi al primo articolo della Carta che recita "la sovranità appartiene al popolo". Quali istituzioni nazionali e quali governi hanno veramente difeso questo valore fondante? Legislatura dopo legislatura i governi hanno visto ridursi sempre più il proprio raggio di azione politico.
Lo prova il fatto che i ministeri storicamente più prestigiosi sono oramai quelli che contano meno. Ministero degli Esteri, della Difesa, dicasteri economici hanno sempre meno incidenza sulle scelte governative perché pesantemente condizionati dall'estero. Sullo scenario internazionale l'Italia, privata della sovranità, può essere paragonata a un soldato semplice che deve subire sull'attenti le decisioni di altri (Nato o Bruxelles) ed è il primo a essere mandato in battaglia a prendere le pallottole (sanzioni alla Russia). In questo scenario sono altri i ministeri sui quali il centrodestra deve puntare.
Non ha dubbi il filosofo Stefano Zecchi: «Sarà il ministero dell'Istruzione la vera cartina tornasole del nuovo governo. Da lì si capirà se l'esecutivo a guida Meloni sarà in grado di incidere in profondità. La cosa che mi inquieta è che non si parli quasi per niente di questa scelta strategica. Fino ad oggil'Istruzione è sempre stata considerata una destinazione di ripiego».
FIGURE DI SECONDO PIANO
Per Zecchi fino ad ora è stato appaltato a «figure di secondo piano che si sono limitate a una gestione amministrativa con il solo obiettivo di stabilizzare l'esistente. Questo anche per la complessità della materia: bisogna mediare con un corpo docente "proletarizzato" cioè malpagato e con studenti demotivati. Laboratorio della cosiddetta "egemonia gramsciana" la scuola italiana è da sempre un baluardo della sinistra questo anche perché le famiglie di ispirazione cattolica o liberale, quando possibile, hanno affidato i figli alla scuola privata». Secondo Zecchi è necessario trasformare questo ministero in una struttura di cambiamento che dovrebbe inglobare anche l'Università.
«Il nuovo ministro» specifica il filosofo, «deve essere assolutamente un politico ma con competenze specifiche. Oggiabbiamo una scuola geograficamente divisa in due, come dimostrano i test Invalsi. Gli studenti al nord hanno un rendimento scolastico decisamente superiore a quelli del sud. Non è accettabile. Fondamentale, poi, avvicinarsi il più presto possibile agli standard europei di insegnamento». A cominciare da una «retribuzione dignitosa». Il tutto per «creare cittadini più consapevoli. Quella di oggiè figlia di una scuola debole e politicizzata. Per questo il nuovo governo si giocherà molto su questa scelta. Capiremo quale orizzonte culturale si darà il nuovo esecutivo con trazione a destra».