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Marche, meteo impazzito e strage: cosa spunta dal passato del Pd

Sandro Iacometti
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Legambiente ha tenuto il conto. Da gennaio a settembre 2022 l'Italia è stata già colpita da 62 alluvioni (inclusi allagamenti da piogge intense), contro le 88 dell'intero 2021. Il che, bisogna dire, non dimostra neanche una grande tendenza alla progressione. Ma gli esperti ci assicurano che gli eventi estremi sono in crescita e lo prendiamo per buono. Colpa del cambiamento climatico?
Qui ci sarebbe da discutere, ma fingiamo che sia inoppugnabilmente provato che a lungo andare il surriscaldamento globale favorisca questi fenomeni. Quanto a lungo? Nessuno lo sa. E nessuno sa ovviamente in che arco temporale si potrebbe ottenere un'inversione di marcia.
Per essere chiari: anche se oggidovessimo chiudere tutte le fabbriche, rinunciare a tutti gli elettrodomestici e smettere di viaggiare con mezzi a motore, ammesso che questo blocchi l'aumento della temperatura o addirittura la faccia diminuire, è assai improbabile che domani di colpo cesseranno alluvioni tropicali e bombe d'acqua.

 

 

 

 

TEMPORALI - La domanda a questo punto, di fronte a ciò che è accaduto nelle Marche, è: meglio combattere i temporali (di un futuro non meglio precisato) o evitare le esondazioni (di oggi)?
Nel primo caso hanno ragione sinistra e ambientalisti a prendersela con chi crede che la transizione ecologica vada condotta con pragmatismo e buon senso, senza pericolose accelerazioni (come quelle che ora stiamo pagando sull'approvvigionamento energetico). Nel secondo, però, i principali responsabili dei danni provocati dall'alluvione sono proprio loro, i talebani dell'ecologia e della rivoluzione verde, che ci vogliono far credere che per salvare i territori dalle catastrofi naturali sia meglio andare con l'auto elettrica, abolire i jet e non usare la plastica che realizzare la cassa di espansione del torrente Misa e pulire il letto del fiume.
Deve essere stato questo il motivo per cui i due presidenti piddini della Regione, Gian Mario Spacca (2005-2015) e Luca Ceriscioli (2015-2020) hanno deciso di non farlo, malgrado il governo guidato da Matteo Renzi, come ha detto ieri lo stesso leader di Italia Viva, nel 2014 (dopo l'alluvione di Senigallia) avesse messo sul tavolo ben 45 milioni per un progetto che era stato segnalato come «urgente e prioritario» in alcuni rapporti del 2009.
E sarà per gli stessi motivi che le maggioranze di governo con Pd e grillini non sono riusciti, dal 2017, ad autorizzare il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. «È pronto», dice il fisco del clima del Cnr, Antonello Pasini, « se fosse in funzione sbloccherebbe i piani municipali, quelli che davvero servono in caso di fenomeni estremi, perché dopo l'alert della Protezione civile solo il sindaco può sapere dove agire».

 

 




QUISQUILIE - Quisquilie per il segretario dem Enrico Letta, che davanti ai morti nelle Marche si è premurato prima di tutto di accusare il centrodestra di «negazionismo climatico», ricordando il voto contrario a giugno al Parlamento europeo sul Fitfor55. E poi ha spiegato che «bisogna ridurre le emissioni per evitare tragedie come questa». Come se abolire le auto a benzina dal 2035 possa risolvere il problema del dissesto idrogeologico in Italia.
La logica del Pd e degli ultrà verdi, d'altra parte, è ben visibile anche nella folle distribuzione delle risorse del Pnrr imposta dalla Ue.Ci sono 8,4 miliardi stanziati per mettere in sicurezza il territorio, si è detto in questi giorni. Vero. Però ci si dimentica che alla missione 2 del Recovery, Rivoluzione verde e transizione ecologica, sono complessivamente destinati circa 70 miliardi sui 235 totali, di cui 60 del Pnrr, 1,3 del programma React Eu e 9,16 del Fondo complementare.
Le risorse sono divise in quattro componenti, che definiscono i diversi ambiti di intervento. All'agricoltura sostenibile e all'economia circolare sono destinati 7 miliardi, ad energia rinnovabile, idrogeno e mobilità sostenibile 18,22 miliardi, all'efficienza energetica e riqualificazione degli edifici 29,55 miliardi. E si arriva finalmente alla voce "Tutela del territorio e della risorsa idrica", che ha una dote di 15,03 miliardi. Di cui però circa 5 sono destinati alla riduzione delle perdite della rete idrica (altro tema di cui gli ambientalisti in continuo allarme per la scarsità di acqua si disinteressano).
In altre parole, alla messa in sicurezza di fiumi, laghi e bacini e al controllo del suolo sono destinate le stesse risorse (8,5 miliardi) che servono a creare le piste ciclabili, i filobus e le funivie per spostarsi in modo ecocompatibile. Tanto una volta che avremo lasciato a casa l'auto i diluvi neanche ci saranno più.

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