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L'influenza farà più paura del Covid: cosa ci aspetta tra poche settimane

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Claudia Osmetti
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Ma quale Covid, la sorvegliata speciale di quest' anno sarà l'influenza. Premessa: il sars-cov2 circola ancora e (nonostante i numeri contenuti di ieri rispetto a un mesetto fa: 25.389 contagi per un tasso di positività al 14,6%) ignorarlo non servirà a nulla. Men che meno a lasciarcelo definitivamente alle spalle. Però in autunno idolori saranno altri. Saranno, cioè, naso tappato, mal di testa, tosse catarrosa: insomma, la classica influenza di stagione che per due anni e mezzo abbiamo schivato e che, ora, rischia di caderci sulla testa modello tegola. Chiedetelo ai medici di famiglia che, archiviato Ferragosto, non fanno che invitare a prenotare quel benedetto vaccino antinfluenzale che, da sempre, ci facciamo troppo poco: nel biennio 2021-22 (dati aggiornati a luglio) le punturine in questione sono diminuite del 20,5% in confronto al periodo precedente. Oppure chiedetelo agli australiani che, da settimane, sono alle prese col raffreddore (è inverno, dopotutto, da loro) e gli ospedali di Sydney e Canberra e Melbourne riescono a malapena a fronteggiare il ceppo 2022. Fanno fatica come quelli in Argentina, dove la situazione stagionale è la stessa. Dall'altra parte del mondo, i casi hanno già superato la media degli ultimi cinque anni e l'andamento della curva dell'influenza va su come quella di Omicron a giugno da noi.
 

 

 

SEGNALE D'ALLARME «È un segnale d'allarme», conferma Walter Ricciardi, consulente del ministero della Salute: «Quello che accade ora nell'emisfero australe si ripete qui a ottobre e a novembre». «Se il covid potrà rialzare la testa in quelle che potremmo chiamare normali oscillazioni di una fase epidemica, in autunno soprattutto arriverà il problema dell'influenza», gli fa eco il sottosegretario grillino alla Sanità Pierpaolo Sileri. Capito l'antifona? Covid e influenza sono due facce della stessa medaglia: solo che la prima oramai è in discesa (un po' perché il picco di Omicron lo abbiamo superato, un po' perché ci siamo vaccinati in massa e la copertura, almeno perla malattia grave, resta, un po' perché non si può vivere in emergenza perenne), mentre la seconda, l'influenza, è tutta in salita. Della serie, toh chi si rivede. Perché tra il distanziamento, le mascherine e la vita sociale ridotta al lumicino, le annate del 2020 in avanti, su quel fronte, di starnuti ne hanno contati pochini. Basandosi sull'esempio australiano gli esperti come Ricciardi non hanno dubbi: l'influenza «questo autunno si farà sentire, sarà più forte e darà problemi» nello stesso periodo in cui «la maggiore copertura vaccinale e la minore patogenicità del coronavirus ci portano a pensare che non ci sarà un boom di malati» di covid (Pino Liberti, infettivologo). Tra l'altro, inciso: l'Ema, l'Agenzia europea del farmaco, ha appena fissato per il primo settembre una riunione straordinaria per valutare le richieste di autorizzazione di due vaccini mRna specifici contro Omicron (di Pfizer e Moderna).

 

 

 

SOTTOGAMBA Dopodiché, il monito rimane quello: non prendere nessuna malattia sottogamba. Lo deve aver capito bene il 36enne di Catania che, reduce da un soggiorno a Madrid, si è ritrovato non uno, ma tre tamponi positivi in tasca e pure contemporaneamente: quello del covid, quello dell'hive quello del vaiolo delle scimmie. In una settimana si è negativizzato al covid-19 e il monkeypox gli ha lasciato una piccola cicatrice, ma i ricercatori siciliani hanno scoperto che «il tampone orofaringero del vaiolo delle scimmie era positivo anche dopo venti giorni», suggerendo che ci possa essere una certa contagiosità persino dopo la remissione clinica. Il suo caso (lui soffre di un disturbo bipolare e assume regolarmente farmaci) è finito addirittura sulla rivista scientifica Journal of infection, tanto è raro.

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