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Riccione, "non ho capito più nulla": testimonianza-choc sulla tragedia

Claudia Osmetti
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Il fischio di un treno che rompe il silenzio delle sette del mattino. E poi quei due tonfi, sordi. Uno dietro l'altro, in rapida successione, tanto che sembrano uno soltanto. Uno schianto. Tremendo. Le grida, i soccorsi, le ambulanze a sirene spiegate. Riccione, Romagna. La terra del mare, del sole, delle vacanze. Ieri, la città della tragedia. Di quella morte (anzi, di quelle morti: perché sono due e hanno anche un nome, si chiamano Alessia e Giulia Pisanu) assurde. Due ragazzine, due sorelle.

Assieme non fanno neanche 35 anni: la prima ne ha quindici, l'altra ne deve compiere diciassette a settembre. Non sono neanche maggiorenni. In stazione. Non è molto affollata, aspettano sì e no altre due o tre persone: un po' per il caldo, un po' perché è presto, un po' perché è domenica. Però qualcuno c'è. C'è, per esempio, il gestore del bar che affaccia sui binari. Sta caricando il distributore automatico delle bibite. A un certo punto una delle due si avvicina. Gli chiede qualcosa: lui non se lo ricorda, cosa. Si ricorda solo che è bellissima ed è vestita di nero e «l'ho capito subito che non era in sé».

 

TELEFONINO E STIVALI
«Mi ha detto che le avevano rubato il telefonino e che non aveva soldi». Subito dopo lei si allontana. Va verso l'altra: «un'amica» (pensa il barista che non può mica saperlo), più o meno della stessa età, «vestita con uno spolverino verde e con gli stivali in mano». È un particolare curioso, chissà perché li tiene sotto al braccio invece di calzarli ai piedi. E chissà perché Alessia e Giulia decidono di attraversare le rotaie proprio in quel momento, dirette (pare) verso il secondo binario, dove c'è il treno fermo per Ancona. È questione di un attimo. Chi è sulla banchina fa di tutto per avvisarle. Alza la voce, strepita, gesticola. «Quando ho capito cosa stessero per fare ho urlato», dice il barista, il tono ancora spezzato, «tutti quelli dietro di me hanno urlato. Non ho capito più nulla, urlavano tutti». Ed eccolo, quel fischio, quel sibilo della locomotiva che ti perfora il timpano. Non c'è più niente da fare. Ore sette del mattino.

L'ultima domenica di luglio. Riccione, Romagna. Il Frecciarossa alta velocità numero 9802, partito da Pescara e diretto a Milano Centrale, entra nella stazione e le travolge. Queste due ragazzine che hanno l'età per andare al liceo, che dovrebbero pensare solo a divertirsi, adesso che la scuola è finita ed è piena estate. Invece i loro corpi sbalzano via, le loro vite si spezzano. Così, senza preavviso, prima che mezza città si sia ancora svegliata.

Secondo la tabella di marcia non deve fermarsi, il Frecciarossa 9802, a Riccione. Il suo è solo un transito. Però arresta la sua corsa dopo settecento metri. Non urla più nessuno, adesso. C'è solo sbigottimento, incredulità, senso di impotenza, forse rabbia. Che richiamano gli agenti della Polfer, i carabinieri, i vigili del fuoco, la magistratura, la scientifica. Le scarpe e gli effetti personali di Giulia e Alessia sono sparsi lungo i binari, i cadaveri dilaniati.

 

Per ore non si riesce a dare loro nemmeno un nome. Poi qualcuno trova un telefonino, miracolosamente illeso, spulcia la rubrica e chiama un contatto che dovrebbe essere quello di casa. Driiin. Lo squillo che nessun genitore, mai, vorrebbe sentire e ricevere. Papà Vittorio è sotto shock. Vivono a Castenaso, le due sorelle. Anzi, in una frazione di Castenaso che è un paesotto della provincia bolognese, fa poco più di 15mila anime. Ci si conosce un po' tutti, a Castenaso. Figurati poi a Madonna di Castenaso, che è ancora più piccino. Il babbo, nel pomeriggio, si reca all'obitorio di Riccione per identificarle. Compito ingrato, terribile. Il peggiore che si possa chiedere.

LA SINDACA: «SGOMENTI»
«È stato un brutto risveglio, sia come prima cittadina che come mamma», commenta la sindaco di Riccione Daniela Angelini, «è una tragedia. Sono in corso le indagini, siamo sgomenti». Nel frattempo la circolazione ferrata si ferma (ma è il meno) nel tratto che va tra Rimini e Cattolica, riprende regolarmente solo dopo mezzogiorno con una quarantina di convogli in ritardo o cancellati o sospesi. Il questore di Rimini, Rosanna Lavezzaro, assicura che «stiamo ricostruendo ciò che è accaduto» anche grazie al vaglio delle telecamere esterne alla stazione e di quelle interne: «È troppo presto per parlare di dinamica» dei fatti. Potrebbe essersi trattato di un suicidio (una delle due, forse, ha cercato di salvare l'altra), oppure di un fatale scivolamento, o ancora di un attraversamento incauto. Solo l'inchiesta (che è già partita) ce lo dirà con certezza.

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