Anzio, 64enne si rompe il femore: "Solo Tachiprina", la fine assurda di quest'uomo
Ancora una storia di malasanità: Aldo Scione, 64 anni di Ardea, sarebbe morto a causa di una serie di errori medici che si potevano evitare. I fatti risalgono al 2017. E da allora la sua famiglia non si dà pace e spera nella giustizia. Oggi, a distanza di cinque anni, il tribunale di Velletri, accogliendo la richiesta della procura, ha rinviato a giudizio due medici che hanno avuto in cura la vittima con l'accusa di omicidio colposo in concorso. Si tratta - come riporta il Messaggero - di una radiologa e di un ortopedico, le cui condotte sono state "caratterizzate da negligenza e imperizia".
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Tutto inizia nel dicembre del 2016, quando Aldo cade e si rompe il femore. Nessuno, però, all'ospedale di Pomezia se ne sarebbe accorto, visto che hanno dimesso l'uomo, prescrivendogli solo una tachipirina e di fatto "ritardando in maniera rilevante - si legge nelle carte dell'inchiesta - un trattamento chirurgico che in realtà avrebbe dovuto essere praticato nel minor tempo possibile per ridurre il rischio d'insorgenza delle complicanze connesse all'allettamento prolungato".
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Dopo le dimissioni, i dolori per il 64enne sono continuati. Ecco perché poi il 21 dicembre decide di andare al pronto soccorso di Anzio. Lì finalmente i dottori notano la frattura e decidono di operare il paziente. Qui però sarebbe avvenuto un altro errore. Sarebbe stata posizionata male una vite, come accertato 23 minuti dopo dalla radiografia. L'operazione è stata quindi ripetuta il giorno dopo. Questo avrebbe sottoposto "il paziente a ulteriore stress operatorio aumentando il rischio di infezione, come poi verificatosi, con prolungamento dell'immobilizzazione", si legge ancora. Alla fine le condizioni di salute dell'uomo non fanno che peggiorare. Insorgono una bronchite, un'infezione alla gamba, poi il coma diabetico e la polmonite bilaterale. Il 21 gennaio muore all'ospedale di Anzio.
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