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Marmolada, prevedere le valanghe? "Ecco come stanno le cose"

Francesca Vercesi
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Attualmente non ci sono conoscenze abbastanza dettagliate per poter prevedere esattamente quando e dove tremerà la Terra. E nemmeno il distacco di un saracco, ovvero un ghiacciaio a forma di torre che deriva dall'apertura di crepacci. Ma c'è un indiziato, secondo il pensiero comune: il cambiamento climatico. Eppure Emanuele Forte, professore di geofisica applicata all'Università di Trieste, interpellato dall'Adnkronos su quanto è accaduto domenica sulla Marmolada, preferisce invitare alla cautela, quando si dibatte di questo tipo di eventi tragici della natura.

 

 

 

TEMPERATURE ESTREME - «Si sta semplificando molto, il caldo, le temperature estreme. In realtà è un quadro molto più complesso.
C'è tutta una serie di fattori che fa sì che un ghiacciaio fonda di più o di meno. È chiaro che tutti i ghiacciai alpini sono in fase di ritiro per le condizioni climatiche attuali» ma «si tratta di fenomeni locali, come per i terremoti. Si può studiare il territorio, per sapere molte cose ma arrivare a previsioni è impossibile, allo stato attuale delle conoscenze», ha detto il professore. Dunque, secondo l'esperto, non è nemmeno possibile stabilire norme che regolino l'accesso ai ghiacciai.
«Quello della Marmolada è un episodio che fa notizia, ma si tratta di ghiacciai che d'estate attirano turisti, quindi sono una risorsa, non sarebbe scientificamente corretto dare regole o divieti sull'accesso», ha avvertito l'esperto.
Emanuele Forte, ricercatore presso il Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell'Università di Trieste, è impegnato in attività di ricerca nel settore del trattamento e dell'interpretazione dati geofisici a diversa scala. In questo ambito ha sviluppato metodi innovativi per l'elaborazione di dati GPR a copertura singola e multipla. Ha sperimentato metodologie di integrazione di dati in particolare sismici, magnetici e geoelettrici per studi ad alta risoluzione con applicazioni nei settori della geologia applicata e strutturale, della glaciologia, dell'archeologia, dell'ambiente (inquinamento da contaminanti liquidi, discariche), dell'ingegneria.
Il professor Forte anni fa ha partecipato a una ricerca del Crr sui tempi di fusione del ghiacciaio. Uno studio, ha spiegato, «condotto con uno strumento che si chiama georadar, che permette di valutare lo spessore del ghiaccio. È stato ripetuto a distanza di dieci anni e si è visto che già in quel lasso di tempo il ghiacciaio si era fuso molto, e quindi facendo una previsione, mantenendo costanti le variabili climatiche, si arrivava a dire che entro 50 anni ci sarebbe stata la completa fusione».

 

 

 



FENOMENI NATURALI - In altre parole, secondo il docente, «questi sono fenomeni del tutto naturali, sembra strano a dirlo ma è così. E anche nelle fasi in cui i ghiacciai sono in espansione, come alla fine dell'800, quando c'è stato un periodo chiamato "piccola età glaciale", si creano problemi di altra natura, avanzate di ghiacciai dove prima non c'erano. «Sono fenomeni naturali con i quali l'uomo deve imparare a convivere ed evitare per quanto possibile le situazioni di pericolo», ha ribadito Forte. «Il rischio zero non esiste, come per i terremoti. Si sa benissimo che in Italia ci sono molte zone sismiche ma non per questo non si vive in quelle zone». Con i ghiacciai, ha osservato, «si ha meno familiarità, anche perché sono confinati in un'area geografica precisa, a quote elevate, pochi sono accessibili in maniera semplice a livello turistico. Ci vogliono guide alpine, cordate, l'opinione pubblica non conosce la situazione. Ce ne sono pochi, sono sempre più piccoli e relegati ad alta quota». Dunque «si possono dire tante cose ma che non sono collegate a dati scientifici. I ghiacciai vanno studiati, è importante studiarli anche per l'acqua che contengono: sono depositi di acqua pulita, sfruttabile. Vanno studiati anche da questo punto di vista, non solo per il rischio e la pericolosità ma in chiave positiva. Sono una risorsa a tutti gli effetti», ha concluso il docente. 

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