Costa Concordia, Katia Keyvanian: "Quando è sbarcato davvero Schettino", cambia la storia?
«Il Comandante Schettino non ha abbandonato la nave. Io sono scesa a mezzanotte e dieci minuti e lui era ancora lì a gestire le persone che prendevano le scialuppe impiegate in un servizio spola per trasferirle sull'isola. Non è assolutamente vero che, già alle 23, era in albergo a farsi i fatti suoi, come molti giornalisti hanno raccontato».
Chi parla è Katia Keyvanian, responsabile del servizio clienti della Costa Concordia, la nave che la sera del 13 gennaio 2012 naufragò urtando il più piccolo degli scogli delle "le Scole", a cinquecento metri dal porto dell'isola del Giglio. Per quel naufragio che provocò la morte di 32 persone ed il salvataggio di 4.200 venne condannato il comandante Francesco Schettino a 16 anni di carcere che sta ancora scontando a Rebibbia. La stessa Katia Keyvanian aveva scritto nell'immediatezza della tragedia sulla sua pagina Facebook queste drammatiche parole: "Sono Katia Keyvanian, Imbarcata il giorno 13/1 per sostituire una collega del Concordia. Vorrei tanto essere invitata dai vari giornalisti che, senza cognizione di causa, scrivono e dicono un sacco di idiozie. Abbiamo evacuato, al buio, con la nave piegata su un fianco, 4.000 persone in meno di due ore! Gli incompetenti non sono in grado di fare questo. Non è vero che il Comandante è sceso per primo, io ero sull'ultima lancia, e lui rimasto attaccato alla ringhiera al ponte 3, mentre la nave affondava. Vergognatevi voi che avete scritto che lui è sceso per primo". Le stesse parole che Katia disse quando venne interrogata in tribunale e che altre persone dissero riferendosi al comandante Schettino.
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Ma allora, Katia, perché secondo te Schettino è stato condannato ?
«È diventato il capro espiatorio di colpe che sue non sono».
È stato più semplice additare come responsabile di ogni cosa una persona cercare la verità?
«Probabilmente la verità avrebbe messo in difficoltà persone che era meglio lasciar perdere».
Cosa successe a bordo della Concordia quella sera ?
«Quando si capì che la nave stava imbarcando acqua e che si stava inclinando a dritta (a destra, ndr) tutti cercarono di arrivare alle scialuppe di salvataggio al ponte tre. La gente era in preda al panico e tutti noi ci siamo prodigati per mettere ormeggiato nel porto di Palermo riportando danni alla fiancata di dritta e al portellone di prua. Durante la notte tra il 3 e il 4 maggio 2010 un passeggero di 33 anni di nazionalità russa cadde in mare da uno dei ponti della nave. Il corpo fu recuperato qualche giorno dopo e le cause della tragedia non furono mai accertate, anche se l'ipotesi del suicidio fu la più accreditata. L'incidente avvenne al largo delle coste francesi, sulla rotta tra Savona e Barcellona. Il 7 novembre 2010, durante una sosta nel porto di Savona, a causa del forte vento la nave urtò la torre di una gru Gottwald, ferma inoperativa e stabilizzata sulla banchina 14, spostandola di quasi 20 metri. Fortunatamente sulla gru non vi era nessun operatore. Insomma una storia forse da riscrivere, nonostante le sentenze, per recuperare verità che non si è voluto fare emergere. ordine e calma. La gente si tuffava e noi lanciavamo i salvagenti in mare, e cercavamo di tirare su delle persone. Ad un certo momento ho visto che c'era un uomo che era sul ponte che si accendeva una sigaretta con il rischio, dato dal carburante che fuoriusciva, di prendere fuoco. L'ho rimproverato e avvisato del pericolo e lui mi ha risposto "fumare mi serve per lo stress"».
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Quando vi siete accorti che stava accadendo qualcosa di grave?
«Alle 21.45, perché la torta con cui stavo festeggiando per il ritorno sulla nave dopo cinque mesi cadde per terra. In un primo momento pensammo magari ad una manovra sbagliata di qualche ufficiale, in mare può accadere».
E poi?
«Un'altra botta. Il nostro pensiero era di aver preso una secca e, come ci viene insegnato, il primo compito è quello di non generare panico tra i passeggeri».
Però il panico arrivò...
«Quando s' iniziarono a spegnere le luci la gente cominciò a gridare. Poi vennero su i ragazzi della lavanderia, che stanno molto sotto nella nave, ed erano spaventati perché la Concordia stava imbarcando acqua. Finché non arrivò il direttore che disse di prendere i libri contabili e i soldi dalle casse. Quello per me fu il segnale che si doveva abbandonare la nave. Dopo circa 45 minuti, ci furono i sette fischi che annunciano che tutti si devono trovare al ponte di salvataggio dove ci sono le scialuppe. In quel mentre scoppiò davvero il panico tra le persone anche perché vedevamo i lampioni dell'isola del Giglio molto vicini».
Cosa ricordi Katia?
«Ricordo una giornalista che fingeva di svenire per salire per prima sulla lancia; un signore straniero che dalla lancia saltò nuovamente sulla nave abbandonando moglie e figli perché doveva cercare dei documenti e tante altre cose davvero assurde ma comprensibili perché dettate dal panico. Man mano che il tempo passava la nave si inclinava sempre di più ed infatti avevamo fatto un vero cordone umano per tenerci tutti uniti».
Ed il comandante Schettino ?
«Era lì a coordinare tutti gli sbarchi. Man mano che la nave s' inclinava a dritta il pavimento diventava parete, quindi con la nave completamente affondata sul lato abbattuto, le richieste fatte da De Falco dopo circa due ore, che non era lì sul posto, sono illogiche e impensabili».
Cos' era impensabile fare ?
«Con la nave abbattuta è fisicamente impossibile risalire a bordo e queste cose mi fanno davvero arrabbiare perché non si è raccontata la verità»
Quale verità ?
«Che ci sono state responsabilità diverse rispetto a quelle date a Schettino. Nessuno ha mai detto che dopo qualche settimana si dimise il capo del "RINA" (quello che dà le certificazioni, ndr) perché si scoprì che le porte erano montate al contrario. Nessuno chiarì che la rotta, sbagliata, non la impostò Schettino, ma il suo secondo. Ci sono state molte cose che non hanno funzionato ma è stato più semplice dire che la colpa fosse del comandante. Peni che quando io dicevo queste cose mi rispondevano "sarà stata una amante di Schettino": c'è stata una vera e propria gogna mediatica su di lui, ingiusta e ingiustificata».
Cosa fai adesso Katia ?
«Mi sono presa qualche anno sabbatico perché questa vicenda mi ha fortemente segnato. Sono armena, e proprio in virtù delle ingiustizie subite nella narrazione storica degli eventi che hanno afflitto il mio popolo, non sopporto le bugie»