Botteghe oscure, schiaffo ai comunisti: ecco in cosa viene trasformata la storica sede del Pci
Alle generazioni più giovani l'espressione "Il bottegone" non dirà nulla, perché chi ha avuto la fortuna (o la sventura?) di venire al mondo dopo il tramonto delle ideologie non avrà alcuna reminiscenza dei palazzi che di quelle ideologie costituivano i centri nevralgici, e che ne accoglievano i carismatici dirigenti. E per qualche ragione, il palazzo a via delle Botteghe Oscure 4, a Roma, sede del PCI, di tutti quei palazzi dell'epoca delle ideologie, era il più affascinante. Esercitava una malia irresistibile, un rispetto reverenziale, indipendentemente dal fatto che si votasse comunista o no. Per questa ragione è particolarmente significativa la notizia, diffusa dalla finanziaria Tosinvest, proprietaria dell'immobile, che gli augusti locali del Bottegone diventeranno un hotel a cinque stelle di 70 camere e con ristorante sulla terrazza.
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IL BUSTO E LA BANDIERA - Il locatario saggiamente conserverà i canoni architettonici della facciata del palazzo, edificato dopo le demolizioni del 1938, nonché l'androne disegnato da Giò Pomodoro con la stella d'oro a cinque punte incassata nel pavimento, il busto di Antonio Gramsci incastonato nel marmo della parete e la Bandiera della Comune di Parigi esposta in una teca. Simboli che un tempo esercitavano un potente incantesimo sulle masse (quando c'erano le masse, per l'appunto, e non una galassia di individui che vogliono tutti proclamarsi re), e che diventeranno suggestivi elementi d'arredo per i futuri clienti dell'albergo. E se è vero che il Bottegone, acquistato da Palmiro Togliatti nel '46 con l'aiuto dei costruttori romani Alfio e Alvaro Marchini, al prezzo di 30 milioni di lire, non è più la sede dei comunisti dal 2000, quando i Democratici di Sinistra (una delle varie reincarnazioni del PCI), indebitati fino al collo, lo vendettero all'Associazione bancaria italiana, è anche vero che solo con la sua metamorfosi in hotel extralusso si consuma l'ultimo atto del suo stupefacente destino.
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INCROCI BIZZARRI - Un destino che comincia, dicevamo, nell'immediato dopoguerra, con Togliatti. Già da allora il palazzo cominciò a prendere una vita propria, ubicato com'era in quella via dal nome così carico di un fascino ambiguo - atmosfere losche, surreali che solo l'odonomastica romana sa evocare-, e che deriva da ad apothecas obscuras, cioè le botteghe senza finestre che, nel medioevo, sorsero tra gli archi semisepolti dell'antico Teatro di Balbo. Per i bizzarri incroci della storia, quelle medievali "botteghe oscure" erano perfette per ospitare un gigantesco partito di massa, filiazione italiana di un'utopia rivoluzionaria dalle ambizioni talmente vaste che, per realizzarsi, faceva del segreto, dell'oscurità per l'appunto, uno dei suoi essenziali requisiti. Non che negli altri partiti regnasse la trasparenza, ma l'opacità, la riservatezza, il basso profilo, la doppia, tripla, quadrupla morale (giustificate, perché necessarie alla suprema nobiltà della causa), la facciata pubblica e la condotta privata, insomma un fare politica sempre immersi nella caligine, nella penombra, tutto ciò era parte costitutiva degli uomini e delle donne (rare, invero, come del resto negli altri palazzi del potere a quei tempi) che frequentavano il Bottegone. Una misteriosa discrezione che accendeva di epocale risalto quei momenti in cui i riluttanti dirigenti, i timidi segretari di partito venivano quasi costretti dai loro compagni ad affacciarsi dal balcone, piuttosto angusto ma largo, per salutare le masse festanti dopo qualche clamoroso successo elettorale. Come accadde il 16 giugno 1975, giorno di cui restano storiche fotografie, con il segretario del PCI, Enrico Berlinguer, che uscì per tenere un discorso do po una grande vittoria alle elezioni regionali. Nove anni dopo, nello stesso mese di giugno ma tre giorni prima di quell'iconico comizio, dalle Botteghe Oscure la salma del grande segretario usciva tra una folla ora sgomenta, costernata, addirittura disperata, e il solenne corteo funebre raggiungeva la piazza di San Giovanni in Laterano. Molto più che la sede della Dc in Piazza del Gesù, è stato il Bottegone comunista la cattedrale di una grande fede politica.
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BUIO POTENTE - È stato dalle oscurità - quasi solenni navate - del bottegone che spirava come un odore d'incenso, e l'amore per i riti, per i simboli, la cura liturgica delle parole nei comizi, e anche i volti dei dirigenti che si affacciavano dal balcone, almeno fino all'era di Berlinguer, erano quelli ascetici, sobri, severi di un clero. Poi le cose hanno preso un'altra piega, decisamente più mondana, più spregiudicata, insomma, inevitabilmente più moderna finché anche gli ultimi fantasmi di un'ideologia ormai trapassata si sono dileguati. E ora, disinfestato dagli spiriti del passato, il Bottegone diventa il ricettacolo non di una chiesa o di un'ideologia, ma di quella figura che, secondo Roberto Calasso, incarna perfettamente il nostro tempo: il turista. È pura accademia interrogarsi se sia un bene o un male: il tempo divora tutto e tutto rigetta, trasformato. E non ci si può fare nulla.
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