Repubblica, c'è il gay pride? Pizzino sulla scrivania dei giornalisti: il diktat fa esplodere la rivolta in redazione
Lezione su che cos' è un giornale -partito. redattore di Repubblica nei giorni apre la propria mail aziendale, e si vede pitare una lettera di Lui in persona, il rissimo Maurizio Molinari. Che tra un show e un'analisi geopolitica, trova il per le cose importanti: le consegne del Politburo editoriale ai ranghi subordinati della militanza. «Cari tutti, in questi anni abbiamo cercato di connotare sempre più Repubblica come il giornale dei diritti». Tranne quando sono i diritti dell'imputato Berlusconi nei processi imbastiti dalle procure-partito e amplificati dal giornale-partito, ma proseguiamo. «$ una battaglia nella quale crediamo e per la quale impieghiamo i nostri sforzi quotidiani, come persone prima ancora che come giornalisti».
Non fatevi distrarre dal tono suadente («Com' è umano lei! », esclamerebbe un ipotetico Fantozzi redivivo di fronte a cotanto mega-direttore), qui sta descrivendo le «battaglie» verso cui i suoi sottoposti devono «impiegare gli sforzi quotidiani» non solo nell'attività lavorativa, ma «prima ancora come persone»!. Cioè: Molinari sta dicendo ai suoi giornalisti cosa devono fare e pensare nella loro sfera privata, sta trasformando la redazione in una protuberanza orwelliana del suo ufficio (lo facesse il direttore di questo fogliaccio reazionario, si urlerebbe a vecchi vizi nostalgici).
BATTAGLIA PRIORITARIA E quali sono, queste battaglie in cima all'agenda del Comitato Centrale di Largo Fochetti? Presto detto: «Per dare un ulteriore segnale concreto quest' anno Repubblica prenderà parte con un proprio striscione al Gay Pride di Roma, sabato 11 giugno alle 15. $ un modo per testimoniare la nostra ferma volontà di difendere i diritti di ciascuno». E sul fatto che la Volontà Generale di rousseauiana memoria, re-incarnata nelle comunicazioni direttoriali, sia ferma non devono sussistere dubbi: «Chiunque voglia partecipare è benvenuto. Chi desidera prendere parte attivamente alla sfilata e aiutare a sorreggere il nostro striscione per una parte del corteo, può scrivere a Laura Pertici che coordina l'iniziativa» (e che quindi sarà in grado di stilare la lista dei quadri di partito zelanti e di quelli refrattari).
La stessa Laura Pertici si premurerà che lo striscione della sede distaccata di Repubblica, il Pd o come diavolo si chiama, non oscuri quello della casa madre, probabilmente. Ma la chiusa di Molinari non è esattamente da clima ironico: «Sono sicuro che l'11 giugno staremo tutti dalla stessa parte».
COSCIENZA Sono sicuro che ci sarai anche tu, caro inferiore, ehm, caro redattore. Intendiamoci, sei libero di non venire, non è mica un obbligo, ci mancherebbe, noi siamo l'organo dei progressisti e del ceto riflessivo, rifletti quanto ti pare, è una decisione che riguarda la coscienza personale. Ma io sono sicuro di trovarti lì, ti aspetto, ci rimarrei male semi dessi buca. Immaginiamo la serenità media del collega di Repubblica, di fronte a un invito così discreto, quasi criptico, per nulla pressante. Secondo le indiscrezioni, peraltro, la serenità nella redazione scalfariana era già abbondantemente minata. Anzi, proprio in conseguenza della missiva di Molinari si sarebbero tenute assemblee assai agitate, con toni del seguente genere (non sessuale, si calmi direttore, s' intende tipo): «Quando c'è da fare campagne pubblicitarie o ideologiche sono sul pezzo, quando c'è da tutelare i nostri lavoratori molto meno».
Il malcontento riguarderebbe la gestione dello stato di crisi, la prela Repubblica Per loht i sinmallsli senza di giornalisti precari, le mancate sostituzioni-maternità. «Non ci sostituiscono le maternità ma ci chiedono di andare al Gay Pride», sarebbe uno dei commenti risuonati. Insomma, anche nelle pratiche interne Repubblica si confermerebbe testata di riferimento della nuova sinistra, arcobaleno e "dirittista" a prescindere, piuttosto che della vecchia sinistra novecentesca, che aveva ancora quella fraintesa fissa dei bisogni dei lavoratori. Se questo è l'indiscreto, il dato certo è la precettazione da parte del segretario politico, pardon, del direttore responsabile (scusate, ruoli e maschere si mischiano pirandellianamente nella grande commedia del giornale-partito): editorialisti prestigiosi e oscuri deskisti, veterani della cronaca giudiziaria e stagisti dello sport, inviati e correttori di bozze, tutti al Gay Pride! Eppure, noi sogniamo che ci sia almeno un collega che coltivi la sparigliata, che alzi la mano e dica, alla maniera di Brecht, «no direttore, mi siedo dalla parte del torto, visto che gli altri posti sono tutti occupati». Nel caso, ci sarebbe da difendere anche il suo "diritto", no? Roma 31 nmggio 2022