Pesce fresco, addio: strane polverini e viaggi infiniti, che cosa sta finendo sulla tavola degli italiani
Solo pesce straniero nelle pescherie e nei supermercati di mezza Italia: orate dalla Tanzania, pangasi dal Vietnam, seppie dalle Seychelles. "Quando hanno cominciato a tirar fuori le cassette dai Tir, sui cartellini rossi erano segnate queste provenienze - ha spiegato a Repubblica il pescatore Fedele Cianfrini -. Non è solo congelato, provate a immaginare da quanto tempo è in viaggio quel prodotto e quante “polverine” devono averci messo dentro".
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Quello che si trova in Italia in questi giorni, insomma, è pesce che arriva dall’altra parte del mondo. "La gente deve sapere che non è pesce fresco quello che mette adesso a tavola", ha detto Apollinare Lazzari, presidente dell’Associazione produttori pesca di Ancona. Anche in questo caso c'entrano la guerra e le sue conseguenze. La mancanza di prodotto italiano, infatti, è dovuta alla protesta dei pescherecci: ben 200 hanno bloccato il porto di Manfredonia, mentre ad Ancona le barche sono ferme da ormai 15 giorni. Il motivo? Il prezzo del carburante, arrivato a 1,20 euro al litro.
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Alla fine la concorrenza con il pesce proveniente dagli altri Paesi è spietata. "I nostri concorrenti non hanno questi costi: i greci pagano il carburante la metà di noi, come Spagna e Francia. E in Croazia possono pescare 24 ore al giorno, tutti i santi giorni", ha continuato Lazzari. Forte anche la testimonianza di Marino Gaetani, che sempre a Repubblica ha detto: "Una vita di sacrifici, uscire tutte le domeniche a mezzanotte e rientrare il giovedì". Infine la preoccupazione per il futuro dei figli: "Eravamo riusciti a farli diplomare e specializzare come cuochi, ma alla fine hanno deciso di salire in barca con me".
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