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Spinello, l'ultimo agghiacciante biglietto lasciato dalla coppia suicida della setta Ramtha

Claudia Osmetti
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Due cadaveri e anche due pistole regolarmente registrate. Un biglietto destinato (forse) ai figli e che, però, non spiega molto. E poi quel sospetto: di una setta che temeva la fine del mondo, che venerava un guerriero morto 35mila anni fa, che si era costruita un villaggetto-bunker arroccato sull'Appennino forlivese. Spinello, frazione di Santa Sofia, provincia di Forlì - Cesena. Poco più che 220 abitanti. Sabato scorso. È ancora l'imbrunire, sono circa le 20 di una calda serata di fine primavera. Paolo Neri e Stefania Platania sono due pensionati, prima facevano i dipendenti al Senato, vivevano a Roma. Lui ha 67 anni, lei 65. Da più di un giorno non rispondo al telefono. Diversi amici provano a contattarli, ma parte sempre la segreteria telefonica.

Tu-tu-tu. È per questo che uno dei loro figli chiama una vicina, le chiede di controllare. Lei esce dal suo appartamento e suona il campanello. Niente, ancora nessuna risposta. Casa Neri è chiusa dall'interno, pure gli scuri alle finestre sono serrati. Come se non ci fosse nessuno, come se i proprietari se ne fossero andati.

IN CAMERA
A questo punto parte l'allarme, arrivano i carabinieri e i vigili del fuoco che faticano non poco a entrare: devono forzare un vetro e la serratura del portone per introdursi nella villetta. E li trovano lì, marito e moglie, stesi sul letto della loro camera, morti con due colpi di pistola in pieno volto. Le armi (entrambe detenute con tanto di bolli regolari) accanto ai due corpi. Vicino a un post-it che, stando alle indiscrezioni, si limiterebbe a qualche frasedi commiato. Sembrerebbe, cioè, ci sia scritto sopra: «Vogliamo trovare altrove la nostra pace e altre possibilità per noi». Il nucleo operativo della compagnia dei carabinieri di Meldola si mette al lavoro.

Le prime ore - si sa sono quelle decisive. A coordinare l'indagine c'è il pm della procura di Forlì Francesca Rago: mentre apre un fascicolo sul caso, le sirene si rincorrono sui colli romagnoli. Risuonano quelle del comando provinciale, quelle delle ambulanze che portano le salme di Paolo e Stefania all'ospedale Morgagni-Pierantoni per l'autopsia che verrà disposta nei prossimi giorni, quelle della scientifica.

Inizialmente si pensa a un omicidio-suicidio, ma alcuni dettagli non tornano. Uno, su tutti: perché ci sono due pistole? Quella di Paolo viene ritrovata dopo che si procede alla rimozione del corpo. Qualcosa non torna. A meno che non si cambi base di partenza, a meno che non si opti per un'altra ipotesi: e se si trattasse di un doppio suicidio? Se Paolo e Stefania si fossero tolti la vita assieme, nello stesso istante, sparandosi contemporaneamente?

Già, ma perché? «Erano di quel gruppo lì, si erano fatti la casa col bunker». A Spinello la gente non è abituata alle telecamere che curiosano per strada. La vita è di quelle di provincia, qui: scorre sonnacchiosa.

L'ALTRA STORIA
Qualcuno, tuttavia, si lascia andare ai microfoni del Tg regionale dell'Emilia Romagna e comincia a venir fuori un'altra storia. È dal 2001 che Spinello viene considerato un "borgo benedetto" per gli adepti di Ramtha, una delle sette New age nate negli anni Novanta in America. Il nome completo è "Scuola di Illuminazione Ramtha": l'ha fondata J. Z. Knight 34 anni fa e ne ha pure registrato il marchio.Qualsiasi cosa voglia dire. I seguaci di Ramtha credono nell'Apocalisse e che, per salvarsi, l'unica via sia quella di rintanarsi a Spinello, il paese che verrà risparmiato. Nel 2012 (quando ha fatto discutere la fantomatica profezia catastrofista dei Maya) le vendite di case, cascine e villette in questo fazzoletto di Appennino sono aumentate a dismisura. In molti hanno acquistato immobili e si sono costruiti un bunker dove potevano. Spesso sottoterra. 

L'hanno riempito di scorte alimentari. Pane, pasta e acqua. Poi la fine del mondo non è arrivata, ma quei bunker in aperta campagna son rimasti dov' erano. «A fatti del genere non siamo abituati», è scioccato il sindaco di Santa Sofia, Daniele Valbonesi: «Non li conoscevo personalmente, ma so che non erano residenti in paese. Lo sono stati in passato, adesso qui avevano una seconda casa da diversi anni». 

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