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Pregiudizi e vanità: non impariamo nulla

Pietro Senaldi
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Si dice che un medico cura, due fanno casino, tre ammazzano il paziente. Il vaiolo delle scimmie, nuovo virus del terrore collettivo, finora ha contagiato tre persone in Italia, ma già tutti i virologi in agenda di Rai, Mediaset, La7 e Sky hanno detto la loro, pronosticando, se non auspicando, migliaia di casi prossimi venturi nel tempo di un batter di ciglia. Plausibilmente, solo uno di essi, il professor Francesco Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani di Roma, ha visto i malati, e questo dà loro speranza, ma in mille hanno già stilato diagnosi, terapia e finanche convalescenza. Siamo già alla pandemia, per ora solo di vaniloqui di camici bianchi.

 

 

Si apprezza al momento la laconicità del ministro della Salute, Roberto Speranza, forse perché imbavagliato dalla mascherina che ormai è il solo a indossare, ma già si è espresso l'Istituto superiore di Sanità, che ha raccomandato agli italiani calma e niente sesso. All'inizio era infatti parso che il virus si trasmettesse attraverso rapporti sessuali, ma già siamo passati al semplice scambio salivare. Quando Galli e Pregliasco avranno scaldato i motori, si dirà che è sufficiente una stretta di mano, se prima uno se l'è messa in bocca senza poi lavarsela, e allora Speranza o chi per lui convincerà Draghi a fare un provvedimento che ci costringerà a girare con i guanti a Ferragosto; Sileri e Costa medieranno e di certo basteranno quelli da surf e non da sci, come invece avrebbero voluto Brusaferro e Locatelli. Seguiranno dibattiti e talkshow. Antonella Viola e Ilaria Capua hanno già sguinzagliato procuratori e agenti letterari. La sensazione è che il Covid ci abbia segnato così profondamente che non riusciamo più a liberarcene. Questione anche di giustizia sociale: dopo aver rovinato una generazione, che secondo sociologi e psicologi patirà depressioni, insicurezze, crisi d'identità, psicosi e difficoltà di relazioni a vita, dobbiamo giocarci anche la successiva, per evitare che i fratelli minori crescano più svegli dei maggiori. E allora via con l'eterno ritorno, sconfortati dal fatto che non impariamo mai nulla, soprattutto dagli errori. Due anni fa il Covid arrivò da Wuhan e i governatori leghisti del Nord fecero una conferenza stampa per chiedere all'allora premier Conte - almeno questo incubo, grazie a Dio, è passato - di mettere in quarantena chi arrivava dalla Cina, cosa che peraltro i cinesi avevano già iniziato a fare senza che nessuno glielo avesse imposto. La misura era razionale e motivata sotto l'aspetto sanitario, ma nella sinistra, ideologica e preconcetta, scattò il riflesso di Pavlov, si urlò al razzismo e Zingaretti, ai tempi segretario dem, salì a Milano per farsi un aperitivo e abbracciare un cinese, come gli suggeriva il sindaco Sala, grato alla comunità che lo votò in massa.

 

 

 

Tornò nella Capitale con un sorriso, la congiuntivite e il virus. Oggi, i medici segnalano che il focolaio si è sviluppato nella comunità omosessuale. Non è un'accusa né una colpa, solo un'indicazione sanitaria, ma i rappresentanti della categoria tirata in questione sostengono che non è vero, in quanto loro si controllano più degli altri; ma perché, se rischiano come tutti? In un amen l'avvertenza è stata riconvertita in affermazione omofoba per l'intervento di gente che non solo non ha la laurea in medicina, ma neppure il diploma da infermiere. Forse è meglio così, almeno ci risparmiamo ore di talkshow sui rigurgiti omofobi negli ospedali, però è arduo comprendere come possa passare per atto di rispetto verso la comunità gay privare chi ne fa parte di un'informazione che può salvargli la vita.

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