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Lisa Di Giuseppe, "Scusi, dove va?": la giornalista vestita così in Aula, scoppia il finimondo

Brunella Bolloli
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Dimenticate i tempi dei tailleur pastello di Irene Pivetti, le pashmine al collo anche a luglio, le scarpe chiuse, i collant, rigorosamente coprenti. Sarà l'effetto del riscaldamento globale, ma in Parlamento oggi va di moda il look Formentera e per vedere qualcuno veramente vestito, come la solennità del luogo imporrebbe, tocca passare in rassegna i commessi: gli unici, per contratto, a dovere indossare una divisa che prevede camicia bianca, completo blu, calze, scarpe e farfallino per gli uomini, in alcuni casi anche i guanti bianchi, come era solito indossare Marco Ferretti, lo storico capo dei commessi di Montecitorio, stroncato dal Covid l'anno scorso, sempre impeccabile nella sua uniforme: la sola con quattro strisce d'oro ricamate sulle maniche per rimarcare il suo alto grado di assistente superiore.

 

 

 

Per i deputati maschi il dress code impone di entrare alla Camera con la giacca, mentre al Senato dove sono più agée è obbligatoria pure la cravatta, e sebbene qualcuno trovi stramba questa distinzione tra i due rami del Parlamento, sono le piccole regole che governano i palazzi della politica e chi ci entra, in genere, ne è consapevole. I cronisti più navigati, poi, raccontano che prima i commessi andavano a caccia dei deputati senza calzini, ma poi con l'avvento del M5S nel 2013 hanno rinunciato a causa del troppo lavoro. Ora, il casus belli del giorno è che una giornalista del quotidiano Il Domani, diretto da Stefano Feltri, mercoledì si è presentata in tribuna stampa per seguire l'informativa di Draghi sull'Ucraina, con un tubino nero senza maniche, niente di scandaloso, ma una funzionaria particolarmente zelante, o forse incavolatissima perché lei deve vestire più sobria ed è costretta a tenersi addosso la giacca pure d'estate, l'ha avvicinata per dirle che lì così «sbracciata» non poteva stare. In pratica, l'ha invitata ad andarsene.

 

 

 

La collega, Lisa Di Giuseppe, ha raccontato il fattaccio sul giornale, ha spiegato di essersi sentita umiliata, il direttore Feltri ha chiosato con un editoriale dal titolo "Le istituzioni non possono legittimare il pregiudizio", all'interno un altro articolo, a firma Sonia Ricci, ha insistito indignato sulla circostanza che "Nessuna regola autorizza la Camera a cacciare una donna per un vestito", riportando comunque le scuse da parte dell'ufficio stampa della Camera e la dichiarazione dell'Asp (Associazione stampa parlamentare) che ha parlato di «errore». In aggiunta, ieri, sono arrivate alla cronista le scuse ufficiali da parte della vicepresidente M5S della Camera, Maria Edera Spadoni, e si attende un segnale pure da Roberto Fico, a cui forse toccherà emanare una circolare sul no alle zeppe in aula, ma sì alle sciarpe di lana ad agosto. Sui social, poi, è montato il polverone sulla «giornalista cacciata, mentre tutti oggi si vestono così», «ormai alla Camera entra gente in infradito, non è certo l'unica», ed è sembrato che fosse l'ennesima polemica sul genere: femministe contro maschi, donne discriminate e penalizzate al lavoro. Quando, invece, a volte è solo questione di galateo e buon senso, da entrambe le parti.

 

 

 

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