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Val Passiria, il Donbass italiano: ecco che cosa sta succedendo in Alto Adige

Alberto Busacca
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Erano circa settemila. E si sono radunati, domenica scorsa, su un grande prato della val Passiria, a nordest di Merano. Erano tutti Schützen provenienti dalla Baviera, dal Tirolo austriaco e soprattutto dal Trentino Alto Adige. Con le loro bandiere, i loro cappelli con le piume e le loro calze fino al ginocchio. I vestiti tradizionali tirolesi, insomma, perché la difesa delle tradizioni è di fatto la loro "mission". Vestiti a parte, però, chi sono gli Schützen? Leggiamo la Treccani: "Schützen. In Alto Adige, appartenenti a un'organizzazione paramilitare che si ispira ad antichi corpi di tiratori scelti del Tirolo e della Baviera per rivendicare le tradizioni locali insistendo, in polemica più o meno esplicita con lo Stato italiano, sulla propria appartenenza culturale ed etnica all'area germanica".

 

 

Eccoci al punto, si parla ancora della questione altoatesina. Di un territorio dove il 70% della popolazione appartiene al gruppo linguistico tedesco, il 26% al gruppo italiano e il 4% a quello ladino. Una specie di Donbass di casa nostra, insomma, tanto che da più parti è stato suggerito di imitare l'Alto Adige anche per arrivare alla pace tra Russia e Ucraina. E tanto che pure il vescovo della diocesi di Bolzano-Bressanone, Ivo Muser, domenica, durante la messa organizzata prima della sfilata, ha fatto un riferimento al conflitto in corso. «La condanna della guerra di aggressione russa all'Ucraina», ha detto, «è credibile solo se ci battiamo con determinazione perla convivenza pacifica, per l'unità nella diversità, qui nella nostra comunità e ovunque in Europa».

Ma davvero a Bolzano e dintorni hanno risolto con successo ogni problema di convivenza? Sì e no, a dire la verità. Perché le polemiche non sono mancate anche in occasione del raduno degli Schützen. Il consigliere provinciale di Fdi Alessandro Urzì, in particolare, ha presentato un'interrogazione urgente. «Su tutti i pennoni dei borghi della valle», ha spiegato, «sono stati esposti il gonfalone della Provincia, i loghi pubblicitari e la bandiera dell'Ue. La normativa vigente prevede però l'obbligo che alla bandiera europea venga sempre affiancata quella italiana. Cosa che in val Passiria non è avvenuta». Secondo il consigliere sarebbe «l'ennesimo oltraggio degli Schützen all'intera comunità di lingua italiana dell'Alto Adige» e dimostrebbe «la loro avversione nei confronti dello Stato italiano».

 

 

Parlando con Libero, Urzì fa poi il punto sulla situazione altoatesina. Partendo dalle cose positive: «Qui la convivenza adesso è ottima, sicuramente migliore che in passato. Ma c'è ancora chi, anche a livello di partiti e associazioni, mantiene una conflittualità molto alta. Perché qualcuno ritiene che il tricolore sia offensivo? Perché la squadra locale, appena promossa in serie B, oggi si chiama Fc Südtirol mentre fino a qualche anno fa era Fc Alto Adige-Südtirol?». Altri esempi: «In consiglio provinciale a Bolzano siamo 8 italiani su 35 consiglieri. E si parla di rimuovere il Monumento all'Alpino di Brunico o di non issare il tricolore nei rifugi alpini. Attualmente, per fortuna, non c'è il rischio di una secessione, però è come una spada di Damocle. L'autonomia, per qualcuno, è solo una cosa provvisoria». Ma, in definitiva, il modello altoatesino potrebbe funzionare per il Donbass? «Il nostro», conclude Urzì, «è un modello che regge perché lo Stato stanzia un sacco di soldi. Non so se in Ucraina hanno le stesse possibilità economiche...». 

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