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"Bambini, preghiamo per la Salernitana". Adesso il maestro finisce nei guai

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L'eroe di giornata è questo maestro della scuola elementare Matteo Mari di Salerno, e se l'espressione vi pare esagerata, sappiate che è per compensare un altro genere di esagerazioni. Quella acefale e cechoviane della burocrazia, così assurde nella loro perfezione protocollare da smarrire immancabilmente la misura umana delle cose, che è il ragionevole, non il razionale. Questo maestro ci ha regalato un quadretto di primo acchito sommamente irrazionale. Giovedì mattina ha sospeso la didattica tradizionale, e ha chiesto ai suoi piccoli alunni di raccogliersi in un'Ave Maria. Un impeto di fervore religioso? Sì, ma della religione laica, mondana, trasversale delle genti italiche: il calcio. La preghiera viene infatti svolta, annuncia il docente, «affinché questa volta la Salernitana vinca senza farci soffrire» . L'uditorio si dimostra effettivamente iper-sensibile alle pie, seppur pallonare, intenzioni, recita l'intera orazione con una sincronia impeccabile, e alla fine risponde all'unisono all'invito dell'adulto: «E per la Salerniatana hip hip? Urrà!». Per ribadire il senso teleologico dell'atto, il maestro intona a ruota "E se voi amate i granata battete le mani...", con perfetta risposta a tempo, e chiude con un'invocazione precisa: «Chi segna oggi?». Boato della classe: «Djuric!» (centravanti bosniaco della squadra campana).

 

ALTRE PRIORITÀ

Qualcuno ha girato un video dell'intero rito, che è finito sui social, è chiaramente diventato virale, e ha ben poco chiaramente scatenato un'inchiesta dell'Ufficio scolastico regionale (rigorosamente maiuscolo, come pretendono a tutte le latitudini tutti i funzionari immersi in pratiche minuscole). Tale Ufficio, azzardiamo, avrebbe in teoria altre priorità fissate in agenda, in una regione seconda in Italia per abbandono scolastico prima del completamento del ciclo superiore (17,3% secondo una ricerca della Cgia, peggio solo la Sicilia) e con atavici problemi infrastrutturali. Invece, è caccia grossa al tifoso credente, nella salvezza dell'anima ma anche in quella al momento più pressante dalla serie B, un'evenienza che non a caso ricadrebbe nella categoria escatologica del "miracolo", visto che la Salernitana fino a poche settimane fa era data per spacciata a talk sportivi unificati. È la vita stessa, che è un impasto di sacralità ed effimero, di assilli esistenziali e di domande su quel rigore non dato, qualcuno ha perfino detto che questo impasto, questa destrutturazione dell'alto e del basso è il segreto di ciò che chiamiamo post-moderno, ma col calcio siamo ancora molto oltre, e molto prima. Il calcio non è il basso che si mangia l'alto, questo lo possono pensare solo i poveri di spirito, gente che non coglie la profonda assonanza tra una rovesciata di Van Basten e una pennellata di Picasso. Il calcio, all'opposto, è l'alto che si riprende i suoi diritti. Lo aveva capito perfettamente quel poeta in braghe corte e di vita violenta che era Pier Paolo Pasolini: «Il calcio è l'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l'unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro». L'unica messa affollata contemporanea, l'unica forma credibile in cui oggi si può dare teatro e forse letteratura: dopo che tutto è stato detto, è scritto, c'è sempre ancora un gol da fare. È quello che ha capito anche l'eccentrico maestro salernitano, pasoliniano a sua insaputa, quindi veracemente.

 

 

ATTESA ED ENTUSIASMO

Ed è quello che hanno capito pure i genitori degli alunni, che hanno indirizzato una lettera alla dirigente scolastica dell'istituto, dove si legge: «Il maestro ha trasferito ai nostri figli l'attesa e l'entusiasmo sportivo delle nostre famiglie e di tutta la città. Se il vivere della società nella parte bella e più significativa fosse trasferita nelle scuole, come oggi si è verificato, sarebbe educativo e formativo per i nostri figli». L'attesa dell'evento, forse non c'è insegnamento più dirimente: il sabato del villaggio leopardiano, senza che segua l'obbligatoria disillusione domenicale, perché sì, la Salernitana può vincere, la possibilità del miracolo può essere prolungata. È qualcosa di più, concedeteci, e concedetegli, delle tabelline o della geografia. Giù le mani allora da questo maestro, che sarà senz' altro un estremista della liturgia del tifo, ma non è qualcuno da Ufficio inchieste. Anche perché ha avuto ragione due volte: la Salernitana ha vinto, 2-1 al Venezia, la corsa alla salvezza continua. Qui e ora, quella ultraterrena ce la giocheremo. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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