Mascherine Matteo Bassetti travolge Speranza: "Da due anni, la responsabilità di queste scelte è unica"
«È l'ennesima dimostrazione che i provvedimenti riguardanti l'ambito sanitario, oggi, in Italia, non vengono presi dagli esperti e dai medici, ma dalla politica. Di questo passo, per superare le limitazioni che ci ha imposto il covid, ci vorranno dieci anni. Altro che ritorno alla normalità». Matteo Bassetti non ha nemmeno più bisogno di essere presentato: direttore della Clinica di malattie infettive al Policlinico San Martino di Genova, ricercatore, virologo, professore: è uno, Bassetti, che ripete da mesi che è arrivato il momento di darci un taglio. «Il nostro sistema è andato in tilt», spiega, «è come un flipper impazzito. Guardi, così non ne usciamo».
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Dottor Bassetti, i ministeri del Lavoro e della Salute, assieme all'Inail, ieri, hanno prorogato i protocolli di sicurezza anti-contagio per i dipendenti privati. Vuol dire che negli uffici e nelle aziende la mascherina sarà ancora obbligatoria. Che senso ha?
«E lo chiede a me? Questa domanda andrebbe posta ai rappresentanti delle istituzioni che hanno preso la decisione. Io la trovo assurda. Era meglio lasciare la semplice raccomandazione».
Come è stato fatto nel pubblico. Tra l'altro, non è un controsenso?
«È il solito pasticcio. Le faccio un esempio banalissimo, però terra-terra. Prenda uno che di mestiere aggiusta caldaie. È un lavoro importantissimo. Magari gli capita di andare in una casa privata e allora si copre la faccia con una Ffp2. Ma, subito dopo, ha una chiamata urgente in una scuola dove non è obbligato a indossarla. Qual è la ragione di tutto questo?».
Sinceramente faccio fatica a trovarla. Qualcuno dice che così si riducono i contagi...
«La fermo. No, non è vero. Non si ottiene proprio niente, adesso, a maggio del 2022, a proseguire con l'obbligo delle mascherine nei luoghi di lavoro privati. E le dirò di più: se avremo qualche conseguenza sarà in negativo».
Cioè?
«A continuare su questa linea il rischio è che questi strumenti di protezione individuale verranno visti come un qualcosa di vessatorio. In poche parole li stiamo svilendo. Senza contare che la gente perderà fiducia nelle istituzioni sanitarie».
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Questo avrà delle ricadute concrete?
«Adesso, semmai, era il momento di porre le basi per un altro discorso. Per andare incontro ai cittadini. Invece ci stiamo complicando l'esistenza. Lo sa quale sarà il pericolo, in autunno?».
Quale?
«Che quando la bella stagione finirà e, forse, avremmo bisogno di dover fare una dose di vaccino in più o di mettere in campo altre misure per contrastare il virus, la maggior parte degli italiani potrà pensare: "Ancora? Ma come, ci hanno costretto a mettere le mascherine quando neanche serviva e ora cosa è cambiato?"».
Effettivamente sembra un bel problema. Ma all'estero si stanno arrovellando sulle stesse cose?
«Macché. Siamo rimasti gli unici, oramai, in Europa. Mi sono appena arrivate delle foto da Eurodisney (Parigi, ndr) e d'istinto le ho confrontate con quelle che circolano di Gardaland. C'è da rimanerci impressionati: nel primo caso ci sono file chilometriche e tantissime persone, nel secondo no. Lo vogliono capire, una volta per tutte, i nostri politici, che che a continuare a battere il tamburo su questa tiritera eccessivamente precauzionista non sarà solo la nostra salute psichica a pagarne il conto ma manche l'economia nazionale?».
Lei ripete sempre "i politici", "la politica": perché?
«Perché la responsabilità di queste scelte è unica. È il ministro della Salute (Roberto Speranza, Leu: ndr) che da due anni a questa parte non cambia registro. Basta, la gente è stufa».
Sembra quasi che ce l'abbia con Speranza...
«No, assolutamente. Non ce l'ho con lui. Ce l'ho con la sua visione che è una declinazione di obblighi per un pericolo perenne. È sbagliata».
All'inizio, però, ha funzionato. O no?
«All'inizio non c'erano i vaccini. Non eravamo immunizzati. Non conoscevamo la malattia. Ora, dopo più di due anni, il mondo è cambiato. Invece in Italia siamo sempre fermi lì. La Ffp2 per i dipendenti privati è solo l'ultimo lacciuolo che va a ingigantire una normativa zavorra fatta di altre non-so-quante disposizioni che non ci leveremo mai di dosso».