Papa Francesco, "il femore non regge più": timore per le condizioni del Pontefice. Viaggio a Kiev, cosa c'è dietro
Ieri e oggi Francesco è a Malta. Nelle sue condizioni dovrebbe stare a riposo. Ma non è questo il tempo. L'anca e la testa del femore non reggono più il peso della gamba destra, che trascina goffamente (e le labbra si stringono e si aprono per il dolore a questo arto che se potesse si taglierebbe via. Ma è pronto, appena ce ne fossero le condizioni minime di sicurezza (per gli altri), ad andare a Kiev, a piazzarsi là, nella città assediata, scudo umano e anche un po' divino davanti alle atrocità del conflitto che nessuno sembra voler fermare.
"Qualche potente nazionalista e distruttivo...": Papa Francesco non riesce a dire "Vladimir Putin"
Non va a benedire una guerra giusta contro l'aggressore di oggi, che è Putin, e Bergoglio non è cieco, lo condanna senza farne il nome; ma sa e denuncia anche altri interessi che negli anni hanno preparato questo fiume di sangue, e oggi si sono paradossalmente coalizzati con il nemico per non far cessare il fuoco. È stato inequivocabile: «"il vento gelido della guerra anche stavolta è stato alimentato negli anni. Sì, la guerra si è preparata da tempo con grandi investimenti e commerci di armi». Cita «autocrazie» e «imperialismi», mostrandosi conscio che le mosse criminali di Putin non sono l'esclusiva di un despota pazzoide, ma atti infami maturati in un consorzio umano dominato da «pochi potenti che vanno avanti per conto proprio, alla ricerca di spazi e zone d'influenza». Per questo Francesco vuole porre gesti che aiutino sì un «cessate il fuoco immediato», ma preludano a una sorta di nuova Yalta, dove però non ci si spartisce il mondo ma si costruisca una armonia tra i popoli. Dice: «Ritorniamo a riunirci in conferenze internazionali perla pace, dove sia centrale il tema del disarmo... E gli ingenti fondi che continuano a essere destinati agli armamenti siano convertiti allo sviluppo, alla salute e alla nutrizione».
LA MONTAGNA
Come il Papa polacco dal 2002 in poi, il Pontefice argentino ieri ha usato, per salire e e scendere dall'aereo che l'ha portato a La Valletta, un elevatore: i gradini della scaletta sono ormai invalicabili per Bergoglio. Eppure si ostina a voler scalare una cima inviolata: abbiamo tutti sentito parlare tutti del «discorso della montagna» di Gesù. Ecco quella montagna lì. Vuole portare con sé responsabili delle nazioni e povera gente a piantare lassù la bandiera con su scritto Fratelli tutti, che è il titolo fragorosamente smentito dalla realtà della sua ultima enciclica. Programma troppo vasto? Dipende dalle forze in campo. Non pretende di vincere con la dialettica, e sa assai bene che il prestigio della Santa Sede ha subito in questo millennio colpi tremendi proprio agli occhi dei popoli di antica e ormai perduta fede cristiana.
Si ostina comunque, vecchio sofferente ridicolmente vestito di bianco, a chiedere tre cose: l'uso della ragione, che impone di giudicare la guerra «una pazzia»; la pietas davanti alla sofferenza dei deboli e dei bambini. Ragione e pietà chiedono la stessa cosa: pace. Il suo modo di cercarla è di offrire allo sguardo dei potenti e dei loro popoli una testimonianza inerme dell'amore gratuito che è il solo senso decente dell'esistenza. Chiede una terza cosa. Chiamatelo pazzo, illuso, ma ci crede. Sa che gli uomini da soli non ce la fanno a vincere la pulsione maligna del potere e del possesso, e allora che si alzi un grido a Dio perché intervenga, dia segni come quelli che indussero Longino, che aveva appena piantato la punta della lancia nel fianco del Crocifisso, a mettersi in ginocchio. Per questo ha consacrato l'umanità intera e specialmente Russia e Ucraina il 25 marzo scorso a quel cuore immacolato di Maria che per i nativi digitali ma anche per i loro padri è ciarpame ripescato tra le ragnatele della sacrestia. È un povero illuso? Mi sa che è più illuso e irrazionale di lui chi si ostina a risolvere le loro questioni preparandosi alla guerra e facendola.
IL MOTTO
Scommettiamo. Vuole andare a Kiev e ci arriverà. Se solo ricevesse un cenno, atterrerebbe con quel suo corpo che ormai è una carcassa in disarmo davanti al Cremlino, alla Casa Bianca e busserebbe alla porta della Zhongnanhai di Pechino. Lo fermerà la realpolitik vaticana? Certo, terrà conto di tutti i fattori in gioco. Non intende offendere i cristiani ortodossi, che si guardano reciprocamente in cagnesco, e benedicono i rispettivi cannoni russi e ucraini. Eppure proverà a sciogliere quel \ nodo scandaloso. A qualsiasi prezzo. Il fatto è che echeggia in lui, come un imperativo che se ne infischia di malanni, età e opportunità politica, il detto di Santa Teresa d'Avila, e ne ha fatto il suo motto: «Ya no durmáis, no durmáis, pues que no hay paz en la tierra». Non dormire, non dormire, perché non c'è pace sulla terra.
Per questo sull'aereo che lo portava a La Valletta ha detto che «il viaggio a Kiev è sul tavolo». Nei giorni scorsi si sono inventati un veto di Mosca, è stato detto che sarebbe come se il Papa schierasse le sue invisibili divisioni con Zelensky contro Putin. Con ciò condannando il Papa all'immobilità. Be', Bergoglio si ribella a questi schemi. Non funziona così la diplomazia di Francesco, in questo somigliantissima a quella di Giovanni Paolo II.
E in qualche misura somiglierebbe all'atto suggerito dall'allora monsignor Giovan Battista Montini a Pio XII, il quale accorse al quartiere San Lorenzo appena bombardato dagli alleati. Significava che il Vaticano si schierava dalla parte dell'Asse perché consolava le vittime, cittadini dell'Italia fascista?
Eppure già alle 11 del mattino di ieri questa volontà di pellegrinare nella capitale ucraina è stato interpretato forzosamente, nella costernazione di chi è vicino e conosce le intenzioni del Papa, come un appoggio alla linea di condotta di Ue e Nato. Allo stesso modo la frase di Francesco: «Qualche potente provoca e fomenta conflitti per interessi nazionalistici» è stata intesa con un titolo immediato di Corriere.it come condanna esclusiva, sia pure «senza nominarlo», di Putin. Certo, ci precisano da molto vicino al Pontefice, Putin è incluso, ma non è il solo. E a certificarlo seguiranno, dopo la chiacchierata in aereo, i discorsi citati. Vuole la pace. La chiede a Dio e la implora dai potenti, a cui dedica un anatema memorabile, rimproverando loro l'«aggressività infantile e distruttiva che ci minaccia». Non salva nessuno, non condanna esplicitamente questo o quello. Ma nessuno si permetta di far benedire al Papa la guerra. Lo scriveva Paul Valery: «La guerra: sono uomini che non si conoscono e si massacrano a profitto di uomini che si conoscono e non si massacrano».