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Massimo Bossetti, Vittorio Feltri: "Colpevole incerto e manca la prova regina. Che giustizia è?"

Vittorio Feltri
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Massimo Bossetti, mentre si "gode" l'ergastolo nel carcere di Bollate (Milano), si trova di nuovo coinvolto in una polemica che merita una chiosa. Quest'uomo è stato condannato al massimo della pena per l'omicidio di una ragazzina di 13 anni, Yara Gambirasio, avvenuto molto tempo fa, in base a una prova considerata regina: quella del Dna, ritenuto infallibile. E sicuramente è tale, ma non sono infallibili gli uomini che lo maneggiano. Pertanto, la difesa del povero muratore incarcerato ha chiesto il riesame del materiale organico. Peccato che la magistratura, che non ha caratteristiche divine e può fallire, non ha mai concesso una rivalutazione dell'intera questione. Ovviamente gli avvocati dell'ergastolano da anni insistono affinché invece si proceda a ripetere l'analisi del citato Dna.

 

 

FINE PENA MAI
Trascorre molto tempo e si viene a sapere che il materiale genetico in base al quale Bossetti è stato incastrato non è più disponibile. Scomparso? Deteriorato? Conservato male? Nessuno risponde. Si sa solo che il campione non ha più valore perché non c'è. Cosicché si dà il caso che Massimo sia in cella, fine pena mai, senza che i suoi legali abbian mai potuto approfondire la faccenda. C'è un uomo dietro le sbarre senza che esista la certezza che sia davvero colpevole. Questa è la nostra giustizia, forte con i deboli e debolissima con i forti. Sta di fatto che da Venezia giunge la notizia che il giudice e una funzionaria del Tribunale di Bergamo ora sono indagati per frode in processo e depistaggio.

Troppo presto per trarre conclusioni da questa rabbrividente realtà, ma il dubbio che l'imputato abbia subito una clamorosa ingiustizia è fondato. Naturalmente ci vorrà tempo per chiarire la storiaccia, intanto però chi come noi ha sempre sospettato che Massimo abbia subito una sentenza folle ha il diritto di protestare. Tra l'altro conviene rammentare che il presunto assassino non conosceva la vittima, ciononostante l'avrebbe caricata sul proprio camioncino con visibile facilità, come se la ragazza fosse un pacco postale. Poi, con quel mezzo sgangherato, si sarebbe diretto verso una strada lunga alcuni chilometri, senza che la fanciulla abbia reagito, pur ignara di chi fosse al volante. Da notare che il tragitto percorso da Massimo era disseminato di semafori, ai quali di sicuro era obbligatorio fermarsi. Il quale Massimo, se la giovinetta si fosse ribellata, non avrebbe potuto placarla con la forza, visto che era impegnato alla guida.

 

 

CORTE INCAPONITA
Non ci si venga a raccontare che Bossetti abbia potuto affascinare la ragazza, visto che questi stava rientrando a casa sua reduce da un cantiere che richiedeva un abbigliamento da manovale e guidava non una Mercedes bensì un camioncino. Yara era una adolescente sveglia, un'atleta, mai e poi mai si sarebbe accompagnata con un uomo trasandato che non aveva mai visto. Ma di questi elementi la Corte d'assise di Bergamo non ha tenuto conto, si è incaponita sul citato Dna quasi fosse il Vangelo e non uno strumento di lavoro da utilizzarsi con cura. Cura che non c'è stata, visto che esso è addirittura sparito e ora qualcuno ha aperto una inchiesta per frode e depistaggio. Auguro a Bossetti di vincere la sua battaglia, che un po' è anche nostra.

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