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Pierpaolo Bombardieri, "con le aperture si va troppo a rilento": l'affondo del segretario della Uil

Pietro Senaldi
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C'è un sindacalista che non odia chi guadagna bene, non vuole la patrimoniale ed è persuaso che «non vada alimentato l'odio sociale tra chi guadagna duemila euro in più o in meno del vicino». Questo non gli impedisce di organizzare uno sciopero generale e scendere in piazza contro il governo «perché la pandemia ha aumentato le differenze tra veri ricchi e sempre più poveri; e poi francamente è intollerabile essere descritti come dei mezzi sovversivi solo perché si protesta una volta l'anno». Chi parla è Pierpaolo Bombardieri, da un anno e mezzo Segretario generale della Uil. Per lui, la conferma di Mattarella al Quirinale e la supposta stabilità garantita da Draghi a Palazzo Chigi non sono un punto d'arrivo, come è stato dipinto dalla stampa nazionale genuflessa e festante, ma un inizio. O meglio un nuovo inizio, «necessario, perché non è che le cose stiano poi andando così bene, e non solo per il caro bollette o l'inflazione, che tagliale gambe a chi ha un reddito fisso e di fatto ha già azzerato gli aumenti salariali dei prossimi tre anni previsti dai recenti rinnovi contrattuali». La lista di richieste del Segretario è lunga... Lui la vede così: «Apparentemente con il Mattarella bis non cambia nulla. In realtà molti fingono di non capire, o proprio non hanno afferrato, che lo spettacolo delle elezioni quirinalizie ha allontanato ancora di più il Palazzo dall'Italia reale. La politica ne è uscita debolissima perché mi pare chiaro che a questo punto i partiti avranno poco margine di mediazione per incidere sull'azione del governo per quanto riguarda la realizzazione del Piano Nazionale di Rinascita e Resilienza».

 

 

 

Ma Draghi non si è indebolito, dopo la bocciatura subita dai partiti?

«No, perché è emerso chiaramente che nessuno vuole andare a elezioni anticipate. Quindi il premier è più libero: osi fa quello che dice lui, oppure arrivederci a tutti».

Cosa si aspetta dal governo?

«Risposte ai temi che abbiamo sollevato nello sciopero generale: sicurezza sul lavoro, assenza di Stato sociale, riforma degli ammortizzatori, lotta al precariato, garanzia dei diritti di chi viene ingaggiato dalle piattaforme che operano su Internet, parliamo di mezzo milione di persone senza alcun diritto».

Lo sciopero generale non ha goduto di ottima stampa...

«Ci hanno massacrato. Ma se scioperare secondo il governo e chi lo sostiene mediaticamente significa solo rompere le scatole, allora il dibattito in questo Paese non esiste più».

Come, ora che è stata confermata la coppia Mattarella-Draghi non siamo certi che andrà tutto bene?

«Non è tutto rose e fiori. C'è molta sofferenza nel Paese che non viene considerata; non per nulla l'astensionismo è ai massimi».

I partiti ridotti come sono non vi possono aiutare...

«Sono scavalcati dalle nostre richieste, che non riescono a rappresentare e alle quali non sanno rispondere. Diciamo che è il sindacato ad aver disintermediato la politica nei rapporti con il governo. Si è capovolto il paradigma renziano. Anche perché noi siamo confederali e perciò non rappresentiamo solo il lavoro e le rivendicazioni contrattuali».

Cosa non funziona nello specifico?

«I soldi messi per gli ammortizzatori sociali non bastano. I lavoratori autonomi e chi opera nel turismo sono stati abbandonati. Le persone che hanno pagato il prezzo più alto alla pandemia sono state mandate via con due soldi».

Negli ultimi tre anni però sono stati accesi 24 milioni di nuovi contratti di lavoro?

«Sì, ma quasi venti riguardano posti precari. I nostri giovani pensano che non avranno mai la pensione; questo condiziona le loro scelte di vita nonché la loro qualità di vita. Che futuro stiamo preparando per loro?»

Suggerimenti?

«Bisogna intervenire sul sistema previdenziale in modo che chi ha fatto lavori precari e abbia avuto pause nella propria vita attiva non si ritrovi con la pensione sociale, come se non avesse mai versato nulla. Servono garanzie minime per le nuove generazioni, per esempio i contributi figurativi per i periodi in cui si resta fermi in cerca di nuova occupazione, ovviamente entro certi limiti di tempo».

Il ministero dell'Economia ha redatto uno studio secondo il quale i ceti più deboli sarebbero stati avvantaggiati dalle recenti scelte fiscali del governo...

«Ma non è vero. Sono dati farlocchi dovuti al fatto che l'assegno unico è ritenuto una risorsa nuova, invece, era già erogato e l'unica differenza è che ora, per averlo, devi farne richiesta all'Inps mostrando l'Isee. Non facciamo il gioco delle tre carte per favore. Piuttosto facciamo per una volta una vera lotta all'evasione fiscale».

Non ha mai portato risultati reali...

«Forse perché non si è voluto farla davvero».

A settantamila euro lordi l'anno sei tassato oltre il 40%, come se fossi un nababbo. Se sei un lavoratore autonomo invece ne bastano 25mila...

«Vanno colpite le ricchezze vere, non si può scatenare una faida fiscale mettendo l'uno contro l'altro chi guadagna mille euro in più o in meno. La pandemia ha creato extraprofitti. Ci sono multinazionali che hanno guadagnato migliaia di miliardi. Keynes, dopo la prima guerra mondiale, ha proposto di mettere tasse straordinarie sulle aziende belliche. Dovremmo fare lo stesso con i nuovi miliardari del Covid, Amazon, i giganti di Internet, le multinazionali dell'energia che si stanno arricchendo imponendo ad aziende e famiglie aumenti stratosferici delle bollette. In America, Jeff Bezos gira con un cartello con su scritto "Fateci pagare di più". Diamogli retta».

Vuole anche lei la patrimoniale?

«No, voglio tassare le ricchezze vere».

E la riforma del catasto?

«Quella ha senso: chi ha una casa nel centro storico di Roma, Milano o Firenze non può pagare meno di chi sta in periferia. Adeguare l'imposta al reale valore dell'immobile non è una patrimoniale, è equità fiscale. Purché alla fine non si alzi tutto...».

 

 

 

Si sussurra nei corridoi romani che ci siano concrete difficoltà di mettere a terra il Pnrr: troppa burocrazia, paura dei giudici, difficoltà nella realizzazione dei progetti. È vero?

«Sì, la sensazione è questa: troppi lacci e lacciuoli. E se l'Europa non cambia le regole del Patto di Stabilità tra due anni dovremo iniziare a restituire i soldi presi in prestito per progetti non decollati; e per di più con un costo del denaro in crescita. Se sprechiamo il denaro del Pnrr senza creare investimenti redditizi non avrai i soldi per ripagare il debito e il Paese andrà in malora».

La politica che cosa può fare?

«A livello legislativo dovrebbe semplificare anziché complicare come fa. A livello esecutivo mi pare che non possa nulla, visto che si è fatta commissariare».

Al di là degli slogan, quanto la vede grigia?

«Considerando che in Germania c'è un ministro delle Finanze liberale, la vedo molto grigia. Tutti hanno fatto lodi sperticate a David Sassoli, ma quando era in vita, la sua proposta di trasformare in debito europeo i debiti dei singoli Paesi membri venne affossata».

Ha delle soluzioni?

«Rendere ordinario il Piano straordinario di rilancio. Se vuoi ricostruire il Paese devi provare a ridurre le distanze: ma mi pare che il tema non sia neppure in agenda. Il limite dell'Italia è che non si riesce mai a parlare di quel che accadrà, e dovremmo invece far accadere, tra dieci anni».

Gli economisti però dicono che così si droga l'economia e che l'inflazione si impennerebbe, visto che è già salita molto oltre il previsto proprio a causa dei soldi del Pnrr...

«Esistono diverse correnti di pensiero tra gli economisti. Krugman, ad esempio, pensa che non sia dovuto all'aumento della spesa pubblica, ma voglio lanciare una proposta. Il Presidente Draghi è un allievo di Federico Caffè, e ne ha elogiato i suoi insegnamenti nel 2014 in occasione del centenario dalla sua nascita. Caffè era convinto che l'azione pubblica dovesse ricercare l'equilibrio tra occupazione e inflazione allo scopo di tutelare soprattutto le classi sociali più deboli. Uno degli strumenti per Caffè erano le politiche salariali e dei redditi sviluppate con le parti sociali. Noi siamo pronti al confronto. Già da oggi».

Per ora il governo ha fatto sapere che non ci sono i soldi per tagliare le bollette perché lo spread è già salito e la situazione peggiorerebbe...

«Il problema è che manca una politica energetica in grado di affrontare queste fasi che sono cicliche: è su questo che bisogna discutere per approntare scelte di medio e lungo periodo. Ora, però, abbiamo un'emergenza e se non tagliamo quei costi, il rischio è che si azzerino tutti i potenziali vantaggi del Pnrr».

Forse per aiutare l'economia dovremmo deciderci a riaprire tutto...

«Si sta procedendo troppo a rilento, specie per le quarantene, dove impera il caos. I lavoratori stanno a casa troppo, serve semplificare».

E cosa ne pensa del Green Pass?

«Non ritengo giusto scaricare sui lavoratori l'obbligo del controllo».

Va levato con la fine dell'emergenza?

«Senza troppa fretta, non siamo ancora fuori dall'epidemia».

Quindi per lei è giusto che dalla prossima settimana i non vaccinati ultracinquantenni siano lasciati a casa?

«Noi siamo per l'obbligo vaccinale per tutti».

E con il diritto al lavoro come la mette?

«Non la vedo così: non si tratta di levare il diritto al lavoro agli ultracinquantenni non immunizzati ma di tutelare la vita degli altri. L'85% dei cittadini si è immunizzato, molti lo hanno fatto per spirito sociale e con una certa paura, non per amore dei farmaci». 

 

 

 

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