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Savoia, "quei gioielli sono nostri". Gli ex reali fanno causo allo Stato: quanti milioni vogliono Emanuele Filiberto & Co

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Tra i Savoia e lo Stato italiano è battaglia. Il motivo? I gioielli degli ex reali. E' già tutto pronto per la prima udienza, che - come riporta il Messaggero - si terrà il prossimo 7 giugno. Tutto è nato quando gli eredi del re Umberto II, rappresentati dal principe Vittorio Emanuele e dalle principesse Maria Beatrice, Maria Pia e Maria Gabriella, hanno deciso di citare in giudizio la Presidenza del Consiglio, il ministero dell'Economia e delle Finanze e la Banca d’Italia. 

 

 

 

Il tesoro dei Savoia racchiude diademi, orecchini e collier con migliaia di brillanti e perle, per un valore di milioni e milioni di euro. L'ex famiglia reale ha avanzato questa richiesta dal momento che i loro gioielli non sarebbero mai stati confiscati dallo Stato italiano, ma solo rinchiusi nei caveau di Bankitalia nel giugno del 1946. "Quei gioielli sono nostri e, in quanto beni personali, abbiamo diritto a riaverli", hanno fatto sapere gli eredi dell'ultimo re. Lo Stato non è affatto d'accordo. Ecco perché poi non è andato a buon fine nessun tentativo di mediazione.

 

 

 

Avevano provato a fare da mediatori da una parte i rappresentanti della Banca d'Italia e dall'altra il principe Emanuele Filiberto, in qualità di delegato del padre Vittorio Emanuele e delle zie, con il loro avvocato. Secondo il legale, alla fine i Savoia la spunteranno grazie a un documento, il verbale di consegna redatto dall'allora governatore della Banca d'Italia Luigi Einaudi, futuro presidente della Repubblica. In quel documento, in particolare, "si affidavano in custodia alla cassa centrale, per essere tenuti a disposizione di chi di diritto, gli oggetti preziosi che rappresentano le cosiddette gioie di dotazione della Corona del Regno". Bankitalia, dunque, sarebbe solo una "mera depositaria" di quei gioielli.  

 

 

 

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