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Covid, fuga dagli ospedali: chi rinuncia alle cure per colpa di Roberto Speranza

Antonio Castro
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Meno cure per (quasi) tutti. Gli italiani nell’era del Covid rinunciano a curarsi. Con la disponibilità economica in picchiata il budget per curarsi ne ha risentito. Nel 2021 oltre la metà delle famiglie italiane ha rinunciato pure alle prestazioni sanitarie. Anche (ma non solo), a causa del Covid. Il 50,2% degli italiani - secondo una proiezione del Cerved- ha scelto di non non spendere in "prestazioni di welfare": il 50,2% ha tagliato sulla sanità, il 56,8% nell'assistenza agli anziani, 58,4% in quella ai bambini, il 33,8% all'istruzione. L'edizione 2022 del "Bilancio di welfare delle famiglie italiane di Cerved" tratteggia un quadro drammatico. Inanellando problemi economici, indisponibilità del servizio o inadeguatezza dell'offerta sanitaria. Per "famiglie" si intende, statisticamente, una unità familiare che va restringendosi sempre più. Oggi il 32,2% dei nuclei è formato da un solo componente (single, divorziati/separati, vedovi/e), e il 9,3% da un solo genitore con figli a carico. Si chiama "atomizzazione". Ma si traduce in mancata assistenza familiare. Mediamente si tratta di 5.300 euro a nucleo familiare. Complessivamente 136 miliardi e 600 milioni per assicurarsi servizi di welfare (7,8% del Pil): 38,8 miliardi per la salute, 29,4 miliardi per l'assistenza agli anziani (+16%), 25 miliardi per il lavoro, 12,4 miliardi per l'istruzione, 11,2 miliardi per l'assistenza familiare, 6,4 miliardi per quella ai bambini (-17,5%), e 5,1 miliardi per cultura e tempo libero. Con meno di 500mila nuovi nati all'anno il capitolo per l'infanzia è di gran lunga più modesto. C'è da interrogarsi sulla capacità di spesa di quelle famiglie con figli.

 

 

 

E il ventilato Assegno unico per i figli a carico (fino a 21 anni) partirà solo a marzo. Ma rischia di trasformarsi in una delusione se non verrà generosamente rimpinguato. Per gli esperti del Cerved «il cambiamento delle strutture familiari, e degli stili di vita», ha definito nuovi bisogni. Tanto più che l'invecchiamento progressivo della popolazione ha fatto sterzare violentemente il budget. Siamo secondi al mondo, solo poco dopo il Giappone, per tasso di anzianità in proporzione alla popolazione. In Italia nel 2020 - secondo l'ultimo censimento - il 7,5% della popolazione aveva più di 80 anni. Ed è logico che la spesa cresca soprattutto nei comparti dell'assistenza alla terza età. D'altro canto il comparto dei servizi sanitaria (badanti, assistenti colf) - è uno dei pochi che trascina la crescita dell'occupazione. Con un aumento significativo della popolazione di nazionalità italiana- raccontano i dati Inps sulle iscrizioni lavorative- che si è dovuta riciclare come assistente alla cura delle persone anziane. È il gap fra la crescita della domanda e l'adeguatezza dell'offerta la vera novità del Bilancio Cerved. L'attività ordinaria di diagnosi e cura con il Covid è passata in secondo piano. L'allarme della Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi (Foce), ricostruisce la grave preoccupazione «per il blocco dell'attività chirurgica programmata». Una paralisi che «rischia di provocare gravi danni ai nostri pazienti, che sono circa 11 milioni in Italia».

 

 

 

MALATI TRASCURATI

Tanto più che oggi i reparti d'urgenza (e gli altri riconvertiti), lamentano l'assalto soprattutto della popolazione non vaccinata. Costringendo così a rimandare l'attività sanitaria ordinaria. Con un pericoloso effetto domino che si ripercuoterà nei prossimi decenni. Insomma, la prevenzione è saltata. E ora il governo spera di tamponare i buchi con l'assistenza sanitaria domiciliare. Per i pazienti over 65 con patologie croniche, si prevede un incremento di 800mila assistiti presi in carico in assistenza domiciliare entro il giugno 2026, giura il ministro della Salute Roberto Speranza. Ieri la Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera alla ripartizione di oltre 6,5 miliardi del Pnrr e di circa 1,5 miliardi del Piano nazionale per gli «investimenti complementari destinati alla sanità». «Siamo molto preoccupati per il blocco dell'attività chirurgica programmata determinato dalla nuova ondata pandemica causata dalla variante Omicron. Questa paralisi rischia di provocare gravi danni ai nostri pazienti, che sono circa 11 milioni in Italia». È l'appello di Foce(Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi), che esprime forte preoccupazione per uno scenario che sembra ricalcare quello dei primi mesi del 2020. 

 

 

 

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