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Schettino e Costa Concordia, Gregorio De Falco 10 anni dopo: "La tragedia si poteva evitare"

Francesco Fredella
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"Salga a bordo, c***o"": la telefonata tra Gregorio De Falco, all'epoca dei fatti Capitano di fregata e capo della sezione operativa della Capitaneria di porto di Livorno, e il comandante della Concordia Schettino fece il giro del mondo. Il naufragio della grande nave da crociera resta uno dei disastri più grandi. Sono passati 10 anni da quell'evento tragico che portò la nave ad accasciarsi su uno scoglio dell'isola del Giglio dopo aver urtato una roccia sott'acqua per uno scellerato inchino quasi a riva. Ed il senatore Gregorio De Falco ripercorre la "notte del Giglio"  a Non Stop News su RTL 102.5 con Giusi Legrenzi, Enrico Galletti e Massimo Lo Nigro 

IL RIASCOLTO DELLA CONVERSAZIONE CON SCHETTINO
“Io non riascolto quell’audio di solito, non lo faccio mai se non quando sono costretto per circostanze come le commemorazioni. In realtà volevo attirare l’attenzione che quella fu l’ultima delle comunicazioni con il comandante, mirata soprattutto ad ottenere che lui tornasse a bordo per poter riassumere il ruolo di autorità e quindi di responsabilità che aveva abbandonato. Nel frattempo vi erano state cinque o sei altre comunicazioni in un crescendo. Fin dall’inizio ci era stato chiaro che stessero minimizzando la realtà. Quell’ultima comunicazione aveva lo scopo e il senso di far sì che potesse addirittura salvarsi anche lui con un gesto di riabilitazione: nonostante l’urto, nonostante l’abbandono nave, il ritorno a bordo e la riassunzione delle responsabilità e comunque la mitigazione degli effetti del suo agire avrebbe potuto comportare certamente una valutazione differente del suo comportamento”.

UNA STRAGE CHE SI POTEVA EVITARE?
“Assolutamente. La nave è rimasta in assetto per parecchio tempo. Finché la nave rimane in assetto, cioè dritta, è possibile ammainare le scialuppe di salvataggio con le persone e l’equipaggio a bordo senza problemi. Se si fosse proceduto immediatamente a prendere atto della situazione di cui si aveva immediata consapevolezza in realtà, prima delle dieci il comando di bordo ha piena consapevolezza che la nave va abbandonata. Perché uno degli ufficiali, Iaccarino, scende giù, constata che ci sono tre compartimenti tutti allagati, quindi che la nave non regge, non rimane a galla, la nave sta affondando. D’altra parte lo stesso comandante, nell’interlocuzione che abbiamo sentito dopo ovviamente, con il direttore di macchina chiede se non possa avviare un motore e l’altro gli risponde che c’era tutto sott’acqua. Sapevano benissimo che stava affondando. Il terreno costruttivo di una nave impone che la nave rimanga a galla con due compartimenti contigui allagati, quella nave ne aveva tre contigui e un altro ancora, poi in realtà vedremo sono cinque, quindi quella nave andava abbandonata. Fin dall’inizio andavano avviate le procedure di emergenza, che vengono avviate solo quando io gli chiedo, molto tempo dopo, alle 21.34, quando salgo in operativa, chiedo se la nave fosse in distress, la prima delle comunicazioni. Il comando di bordo, a quel punto, ammette che la nave era in distress. Solo 45 minuti dopo l’impatto cominciano a far affluire ai punti di raccolta i passeggeri, quindi con un fortissimo ritardo, che aveva comportato che la nave andava sempre più inclinandosi”.

GIUSTIZIA È STATA FATTA?
“Questa è una di quelle tragedie senza mistero. Hanno pagato tutti quelli che hanno sbagliato. Se abbiano pagato nella misura giusta non lo so, ma tutti gli ufficiali di coperta che avrebbero dovuto sostituirsi all’inerzia del comandante e alle sue disposizioni sbagliate e pericolose. La nave ricordiamo navigava a poche centinaia di metri con la prua sugli scogli, quindi in quel momento chiunque tra gli ufficiali di coperta avrebbe dovuto assumere su di sé l’onere di ordinare l’accostata. Non lo fecero perché non avevano ben capito, avevano la loro paura per il proprio ruolo e per il loro lavoro”.

È GIUSTO RICORDARE QUESTA DATA?
“Fu una faccenda luttuosa che deriva da un atto scellerato e non è mai inutile. Nel ricordare la vicenda bisogna trarre le lezioni che quella vicenda insegna, una delle lezioni che questa vicenda insegna è: coloro che hanno responsabilità rispetto alla collettività possono mantenere chiarezza nei fini e nel proprio agire soltanto se i propri interessi e le proprie paure rimangono fuori da queste valutazioni. Ecco perché si dice che il conflitto di interessi interferisce con la buona amministrazione. Ecco perché nella gestione di un’emergenza non si può tentennare considerando oltre gli interessi preminenti della salute pubblica anche gli interessi che non devono essere preminenti, per esempio quelli economici. Nell’attuazione di un piano di emergenza non bisogna guardare agli altri interessi, ma all’interesse principale per cui quei piani, quei ruoli sono attribuiti”.-- 
 

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