No-vax morte a Napoli, Pietro Senaldi: "Quei morti sulla coscienza di certi giornalisti e vaccinatori impostori"
«Avevano paura del vaccino, erano convinte che sul virus ci fossero tante comunicazioni sbagliate e perciò facevano spessissimo il tampone». Così ha parlato la figlia di una delle due amiche e conviventi napoletane morte nei giorni scorsi di Covid, due no vax convinte, come lei, che dopo aver visto la madre essere uccisa dal male e non dall'iniezione, ha dichiarato che si immunizzerà. Da giorni infuria la polemica su come il giornalismo debba raccontare la pandemia. Una scellerata frase di Mario Monti, secondo cui «l'informazione sul virus dovrebbe essere meno democratica» ha scatenato il putiferio.
Le successive dichiarazioni del nuovo direttore del Tg1, Monica Maggioni, e di Enrico Mentana del Tg7, i quali si sono vantati di non dare spazio alle tesi no vax hanno ulteriormente riscaldato gli animi. Ci sono colleghi che vanno quotidianamente in televisione a dire che il Green Pass è un attentato alla libertà e il governo non la dice né tutta né giusta su epidemia e profilassi eppure gridano al bavaglio. Esibiscono in video facce giulive e soddisfatte mentre spiegano che anche i vaccinati si infettano, te lo dicono come fossero depositari di una verità ignota agli altri e si sentono incompresi solo perché la maggioranza dei pensanti ritiene le loro argomentazioni acqua fresca e crede più a Remuzzi o a Vaia che a loro.
A volte non sono neppure laureati ma dibattono alla pari con scienziati di livello internazionale; cionondimeno, lamentano di essere censurati e si atteggiano a martiri della libertà di informazione, e magari invece sono pure pagati per recitare la parte del bastian contrario. Questo è il punto, il giornalista no vax è diventato un mestiere molto ben retribuito. Più cavolate spari, più guadagni. Tutto lecito, anche se forse un po' meno etico, ma la coscienza è problema personale, si dice. Poi però senti una figlia affermare che la madre e la sua amica sono morte di Covid perché stavano a sentire i contro-informatori della carta stampata anziché i primari di terapia intensiva. E scopri anche, dalle pagine Facebook di queste due sventurate, che le signore seguivano i deliri di colleghi giornalisti, professori e imbonitori vari che le facevano sentire parte di una comunità in lotta per difendere la libertà dalla dittatura delle multinazionali del farmaco.
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I nuovi guru dell'informazione no vax sono personaggi che danno a una miocardite asintomatica lo stesso rilievo che a un terremoto mentre occultano sistematicamente le notizie di no vax trapassati, e questa è la sola attività che svolgono con rigore scientifico. Quante vite hanno sulla coscienza questi giornalisti? Quanti morti vale un punto di audience in più che un no vax in tv garantisce? La libertà d'opinione e di pensiero è un diritto per il quale può anche valere la pena di morire. A patto che sia una scelta individuale e che se ne sia consapevoli.
Perché finire sottoterra perché si è dato retta a un impostore che alimenta le umane paure per specularci sopra anziché provare, e sottolineo provare, a dare un'informazione corretta e chiara sul virus, non significa morire per la libertà ma venire uccisi da sicari in servizio per loro stessi. Un giornalista vaccinato che, anziché spiegare che si è immunizzato per abbattere le probabilità di ammalarsi e morire, si industria per rafforzare il pensiero di chi crede che si possa uscire dalla pandemia senza vaccino e Green Pass, non cerca la verità e neppure la democrazia, ma un pubblico pagante al quale inoculare false sicurezze.