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Reddito di cittadinanza, paghiamo i sussidi e poi assumiamo stranieri: a cosa serve l'assegno M5s?

Alberto Busacca
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In Italia abbiamo bisogno di lavoratori. E siamo pronti ad andare a prenderli all'estero. Intanto, però, lo Stato continua a pagare il reddito di cittadinanza agli italiani che non trovano un'occupazione. È un corto circuito evidente, quello che riguarda il sussidio grillino, eppure sembra impossibile riuscire a venirne fuori. Partiamo dalla prima considerazione: in questo momento, nel nostro Paese, il lavoro c'è. La conferma arriva in particolare dal Veneto, dove le aziende sono ripartite alla grande. E hanno bisogno di manodopera. Dove trovarla? Se lo chiedi agli imprenditori, la risposta, da quelle parti, è netta: all'estero. «Sono ben consapevole di affrontare un tema spinoso e politicamente sensibile», ha detto Leopoldo Destro, leader di Assindustria Venetocentro. Spiegando che, però, gli stranieri servono: «Da decenni l'immigrazione rappresenta una questione divisiva. Ma uno dei primati della nostra regione è la sua capacità di inclusione». Dello stesso parere, come riportato dal Corriere del Veneto, la presidente di Confindustria Vicenza, Laura Dalla Vecchia: «Siamo una regione di imprese votate all'export, con filiali in tutto il mondo: sta nel nostro dna il rapporto con gli stranieri. E poi non vedo più le tensioni di qualche anno fa: l'integrazione è già fatta».

 

 

IL MINISTRO
Lo stesso problema, poi, si pone anche nell'agricoltura. Nonostante la sanatoria a ottobre sono stati quasi 1,36 milioni i nuclei che in totale hanno percepito il Reddito o la Pensione di Cittadinanza, con tre milioni di persone coinvolte. L'importo medio erogato a livello nazionale è di 544 euro (575 euro per il reddito e 275 per la pensione). del governo Conte bis, infatti, la situazione nei campi non è migliorata molto. Servono braccia. E non sempre si trovano. Il governo lo sa, e se ne sta occupando. Provando a favorire, anche qui, gli arrivi da altri Paesi. Lo ha detto chiaramente Luciana Lamorgese intervenendo, qualche giorno fa, al forum internazionale dell'agricoltura organizzato da Coldiretti a Roma. «Stiamo lavorando con la Tunisia», ha spiegato il ministro dell'Interno, «per trovare delle formule che permettano ai migranti di venire in Italia per un tempo determinato». Cioè per il periodo della «raccolta stagionale nelle campagne». Finito il lavoro, secondo la titolare del Viminale, queste persone potrebbero serenamente «tornare nel loro Paese».

 

 

E che dire dell'idea della sinistra di andare a prendere all'estero pure i medici? A lanciarla, in questo caso, è stato Alessio D'Amato, assessore alla Salute della Regione Lazio. Se mancano i dottori, ha detto l'uomo di Zingaretti, «è forse necessario valutare scelte coraggiose» e «pensare di reperire queste personalità anche in altri luoghi, se abbiamo difficoltà a trovarle nel nostro Paese». Detto in maniera ancora più chiara: «Sappiamo che nei prossimi mesi avremo delle uscite per pensionamento e non sempre queste sono accompagnate da un turnover che consenta di non abbassare i livelli di assistenza. Per questo, invito a valutare se anche nei flussi migratori vi è la possibilità di trovare dei professionisti». Insomma, la situazione è chiara: nelle industrie, negli ospedali e nei campi c'è urgente bisogno di lavoratori che, a quanto pare, almeno nell'immediato, possiamo andare a prendere soltanto oltre confine. E qui, però, arriva la domanda inevitabile: ma non stiamo pagando il reddito di cittadinanza a centinaia di migliaia di disoccupati? È davvero possibile che tra chi prende il sussidio nessuno sia in grado di svolgere le mansioni richieste? Ovviamente, nel caso dei medici, la risposta è semplice: no, tra i percettori dell'assegno non ci sono camici bianchi. Ma negli altri casi? Sul serio nessuno vuole lavorare in un'azienda veneta o nei campi pugliesi?

 

 

IL CENTRODESTRA
Ad aver colto la contraddizione è il centrodestra. Che sulle assunzioni di stranieri ora prova a frenare. Come ha fatto, sempre col Corriere Veneto, Alberto Villanova, a capo dell'intergruppo leghista in consiglio regionale: «Il problema della manodopera è effettivo, ma prima di ricorrere all'immigrazione rivediamo il reddito di cittadinanza. Prima riqualifichiamo e formiamo i veneti che non stanno lavorando. Il lavoro prima a loro e poi eventualmente valutiamo anche figure professionali dall'estero. Che siano, però, appunto, figure precise e utili alle aziende, un'immigrazione professionale mirata e selezionata». Insomma, se abbiamo il lavoro e abbiamo i disoccupati, basterebbe semplicemente trovare il modo di mettere in contatto domanda e offerta. Senza bisogno di guardare troppo lontano... 

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