No vax, il primario: "Pazienti molto complessi", cosa fanno quando vengono ricoverati
Alcuni No vax tornano sui propri passi. Si tratta di "indolenti, che volevano proteggersi però hanno aspettato, si sono fatti convincere che non ne valeva la pena". Questi - spiega Annamaria Cattelan, primario di Malattie infettive dell'Azienda ospedaliera di Padova - "evidentemente si sentono in difetto e allora diventano polemici, controllano tutto, stanno attenti che ogni procedura sia eseguita in maniera corretta, che non sia tralasciato nulla. Se si sposta la maschera dell'ossigeno e tardiamo un attimo a rimetterla a posto ci rimproverano di non trattarli bene . Oppure se li teniamo a digiuno la mattina per sottoporli a esami, ci accusano di non voler dare loro la colazione. Sono pazienti molto complessi, dobbiamo gestirne la rabbia. È un doppio lavoro".
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Al Corriere della Sera la Cattelan conferma che non esiste un identikit del paziente No vax, perché questo è del più "eterogeno". Ci sono, infatti, "gli irriducibili, convinti fino alle estreme conseguenze che il vaccino non sia stato testato come si deve o non serva perché il Covid non è una malattia grave. E poi ci sono gli indolenti", citati sopra. Ma una cosa è certa, "non sono tutte persone impreparate, molte vantano una cultura universitaria. Ciò che li accomuna è la sicurezza delle loro idee, che può diventare arroganza".
Non solo, perché tutti causano un rallentamento: "Stiamo trascurando da due anni i pazienti con Hiv e abbiamo rallentato molto la campagna Oms per l'eradicazione dell'epatite C. Garantiamo le urgenze con le risorse e il personale a disposizione, poca cosa visto che quasi tutto e tutti sono assorbiti dal Covid". Ovviamente non è una regola per tutte le patologie, perché "è chiaro che una sepsi o un'endocardite hanno la precedenza, ma salta il lavoro di fino, come il follow up, gli screening, anche sui pazienti con papilloma virus. Fino a poco tempo fa avevamo degenti colpiti da Tbc, ora no, soltanto Covid".