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Cancro, il mistero del cadavere guarito: per l'autopsia non c'è più traccia del tumore

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Francesco Specchia
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Questa è la storia di un miracolo riuscito a metà. Ma con la metà realizzata si potrebbero illuminare speranze perdute, e riscrivere totalmente, nel libro della sanità mondiale, il capitolo sull'ineluttabilità del tumore al pancreas. Tutto parte da un protocollo sperimentale di cura approvato dal Comitato etico che il dottor Cosimo Damiano Gadaleta, oncologo di pregio nonché direttore del Dipartimento di Oncologia Interventistica e medica dell'Istituto Tumori Giovanni Paolo II° di Bari, inizia nei confronti di una paziente volontaria, Vittoria Di Lernia, 68 anni, alla quale è stato diagnostico un cancro al pancreas. Al terzo stadio. Il che significa: sopravvivenza media dopo la diagnosi di 6/8 mesi al massimo. La signora Vittoria non ha nulla da perdere. È sempre sorridente, viene dalla ridente Trani, è abituata a respirare il valore delle piccole cose dal suo balcone che guarda il mare, crede nel destino. E accetta, seppur con speranze un po' friabili, di far parte del progetto dell'Istituto che preveda un'inedita cura alla sua neoplasia pancreatica.

 

 

Non si tratta di terapie sciamaniche, e neanche di una sorta di riedizione della cura Di Bella. E il dottor Gadaleta è tutt'altro che un cialtrone; è un medico ospedaliero di solidissima fama con un curriculum lungo quanto un braccio e una settantina di pubblicazioni scientifiche sulle principali riviste mondiali alle spalle. Dice lui: «Qui siamo un punto di riferimento in tutta Italia. Primi in Europa nel settore della termoablazione dei tumori polmonari; e secondi al mondo dietro gli Stati Uniti per la combinazione di tecniche che portano l'aspettativa di vita finora a 4/5 anni in più senza operazione. E siamo tra i leader anche nei trattamenti delle metastasi epatiche da carcinoma del colon retto». In più, nel tempo libero, Gadaleta, voce bassa e aria claustrale, è un diacono da battaglia: rientra e casa e va in parrocchia impegnandosi "nella liturgia ma anche nella attività di carità e di catechesi". Insomma, è un tipo che ha a cuore il prossimo per missione.

 

 

L'INIZIO
Torniamo a bomba. La signora Di Lernia, gravemente malata, inizia la cura; ma di lì a poco, per un oscuro meccanismo del destino, si becca una potente polmonite da legionella; e, il 14 marzo scorso, muore in un letto d'ospedale. La paziente uno diventa paziente zero, e il protocollo viene naturalmente sospeso. E questa è la parte tragica della storia. La parte straordinaria sta nella successiva autopsia che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari dispone per la donna. Confermato il decesso per legionellosi, all'esame autoptico il pancreas prima devastato si presenta completamente diverso. Il referto della Procura parla chiaro. «Dalle foto del pancreas si vede chiaramente che il tumore pancreatico è sparito, e la signora non aveva fatto la chemio classica. Il fatto che ne sia sparita ogni traccia ha il sapore delle scoperta mondiale», racconta il medico. E mi spiega la nuova tecnica usata contro il cancro: «La novità, tecnicamente è che una volta si procedeva ad una terapia da 4 farmaci (Irinotecano, Oxaliplatino, Florouracile e Leucovorin) usati comunemente per via venosa per un massimo 11/12 mesi; ma questi producono una tossicità generale notevole, e il pancreas ha uno scudo fibroso impenetrabile ai farmaci e scarsa vascolarità. Quindi di solito la cura funziona poco. Ora, la nostra novità è che, con una camera sottopelle di acciaio, si va direttamente invece che in vena nell'arteria: i 4 farmaci s' inoculano goccia a goccia invece di inondare l'organismo, c'è un intervento miratissimo, e la quota di chemio cento volte più forte, colpisce soltanto tutte le cellule tumorali, in microdosi e in modo diuturno. E il paziente sta benissimo, non perde i capelli, non ci sono riflessi sui globali bianchi». Ora, stiamo parlando di tumori, quelli del pancreas, bastardi più degli altri, che mostrano il numero di nuove diagnosi in crescita costante (in Italia il tasso di sopravvivenza a 5 anni è di circa l'8%); e che risultano la quarta causa di morte per cancro in Europa e, fra le forme di cancro più diffuse. Solo nel 7% dei casi vengono diagnosticati in stadio iniziale; sono gli unici tumori che non hanno visto miglioramenti nelle chance di sopravvivenza negli ultimi trent'anni. Finora, almeno.

 

 

IL REFERTO
Ora, potrebbe essere un miracolo. Oppure che l'esperimento dell'ospedale barese ha davvero funzionato. Fatto sta che la magistratura ha consegnato il referto dell'autopsia in tempo record «e il procuratore di Bari Roberto Rossi ha compreso la necessità di riprendere il protocollo». Perché alla fine il problema è questo: la richiesta della ripresa dell'iter del protocollo. Potremmo davvero trovarci di fronte a una scoperta mondiale. In ospedale il direttore scientifico Angelo Paradiso è quasi sotto choc per quei risultati. Tant' è che sono già pronti altri cinque volontari, con lo stesso tipo di tumore allo stesso grado. Nell'attesa Gadaleta sta pubblicando questo storia clinica su riviste internazionali: «Sto aspettando gli ultimi dati, stanno arrivando gli ultimi vetrini con le foto del pancreas. Poi pubblicheremo su Radiology, The Clinical Journal of Oncology, o Jama che studiano tutte le tecniche di radiazioni meno invasive». Potrebbe essere un miracolo pieno. 

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