Pierpaolo Sileri, il sospetto che emerge dall'inchiesta sul Covid: "Lo strano stop ai tamponi, c'è la sua firma"
Vanno avanti le indagini della Procura di Bergamo sulle origini della pandemia da Covid in Italia. Il lavoro, però, è abbastanza complesso. Spesso, infatti, come riporta il Giornale, spuntano documenti e carte che smentiscono le parole di chi era in prima linea nei primi giorni dell'emergenza, quelli che vanno dal 20 gennaio al 15 aprile 2020. Stando ai pm che indagano per epidemia colposa, il virus era già in Italia almeno un mese prima del caso zero di Codogno.
A provare questa ipotesi ci sarebbe una cartella clinica datata 17 febbraio 2020 e visionata dal Giornale. All'interno si parla di sintomi come "dispnea", "tosse", "febbre", "versamento pleurico" e "sfumati addensamenti parenchimali, con aspetto a vetro smerigliato, nel polmone sinistro", emersi dopo una Tac il 26 gennaio. L’uomo di origine cinese e ricoverato nella Bergamasca, però, non fu mai tamponato. Il virologo Fabrizio Pregliasco l'ha definito un caso "sospetto" qualche sera fa a Fuori dal Coro. Intervistato da PresaDiretta su Rai 3, invece, Andrea Crisanti ha spiegato che nei giorni di fine gennaio l’esecutivo aveva sottovalutato il tracciamento. Che sia stato quello uno dei motivi alla base della super diffusione del virus nel nostro Paese?
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Come mai, comunque, ci fu questo cambio repentino? Stando al Giornale, è iniziato tutto con la riunione del 25 gennaio 2020, cui parteciparono i rappresentanti delle Regioni alla presenza del viceministro alla Salute Pier Paolo Sileri, come risulterebbe dalle firme dei presenti. Stando all’Avvocatura dello Stato, in quella riunione il ministero della Salute avrebbe acconsentito alla richiesta delle Regioni di ridurre e quindi limitare i tamponi solo ai sintomatici provenienti dalla Cina. Eppure, fa notare il quotidiano diretto da Augusto Minzolini, "nel suo libro "Il Covid segreto" Sileri dice di aver sempre sottolineato che la strategia dei tamponi su larga scala fosse necessaria".
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