Covid, la tassa di Speranza e Orlando che può rovinare gli italiani
Lo Stato impone ai lavoratori che entrano in contatto con un positivo di restare a casa in quarantena. Sacrosanto. L'obiettivo è evitare che l'impiegato a rischio possa trasmettere il virus ai suoi colleghi e creare i cosiddetti focolai che poi si allargano a macchia d'olio fino alla famiglia lì dove il contagio da Covid diventa incontrollabile. Il problema è che lo stesso Stato pone il costo di questo sacrificio sulle spalle delle imprese. E, cosa ancor più grave, lo fa retroattivamente, tirando così uno scherzetto di Halloween che zavorra di circa 2 miliardi e mezzo i bilanci aziendali. Prima gli fa credere che ci avrebbe pensato Pantalone e poi fa clamorosamente retromarcia. Uno scherzetto che suona di grande beffa poi se si considera la situazione paradossale che si viene a creare con gli statali per i quali ci pensa il datore di lavoro che altri non è che la Pubblica amministrazione. Un capolavoro che porta la firma di tutto il governo, certo, ma soprattutto di due ministri competenti, il responsabile della Salute, Roberto Speranza, e quello del Lavoro, Andrea Orlando, che prima hanno messo la faccia sulle restrizioni e sulle garanzie del decreto Cura Italia del 2020, che equiparava la quarantena alla malattia stabilendo che lo Stato si sarebbe accollato i costi al posto delle imprese. E poi l'hanno nascosta (sempre la faccia) quando quella promessa è stata disattesa con la cancellazione di una parte della norma anti-pandemia.
LA RELAZIONE TECNICA
La notizia è riportata in bella evidenza da Italia Oggi che spiega: nel decreto fiscale viene confermata l'equiparazione della quarantena alla malattia ma si stabilisce che i costi dell'assenza del lavoratore se li accolla per i primi tre giorni al 100% l'azienda e per la parte restante per il 50% l'Inps e per l'altro 50% ancora il datore di lavoro. Anche se i fondi inizialmente sono anticipati in toto dall'imprenditore. Un bel salasso. Che secondo i numeri della relazione tecnica al decreto evidenziati dallo stesso quotidiano economico si può quantificare in circa 2,5 miliardi di euro. Se si considera una durata media di 14 giorni della quarantena e una paga media di 80 euro per i lavoratori assicurati all'Inps e di 140 euro per quelli non assicurati, il costo generale delle quarantene ammonta a 4 miliardi e 232 milioni. Per il 60% a carico delle aziende e il 40% a gravare sull'istituto nazionale di previdenza. Insomma, alla fine dei due annidi Covid i datori di lavoro saranno costretti a sborsare più di 2,5 miliardi di euro che non avevano preventivato. O meglio, che avevano preventivato di incassare dallo Stato e che invece possono pure dimenticare. Non solo. Perché a bene vedere in questi due anni il danno imprenditoriale è stato addirittura doppio. A quello economico, infatti, si aggiunge il danno operativo. Per mesi i datori di lavoro sono stati costretti a mettere improvvise pezze all'organico per la mancanza di personale che magari fino al giorno prima pensavano di avere. In alcuni casi hanno preso a termine dei sostituti e in altri si sono arrangiate a discapito della qualità. Pensare che adesso si debbano accollare anche "i buchi" che si sono creati nelle retribuzioni dei dipendenti è paradossale.
CIRCOLARE INPS
In realtà che i fondi per le quarantene fossero a rischio lo si era capito da mesi. Da quando l'Inps, in una nota dello scorso 6 agosto, aveva chiarito che per tutto il 2021, quindi con effetto retroattivo anche per i sette mesi precedenti, i lavoratori che erano entrati in contatto con un soggetto positivo al coronavirus non avevano diritto all'indennità. Motivo? Semplice: il legislatore non aveva stanziato nuove risorse. E già allora si evidenziava che alla fine della fiera a rimetterci sarebbero stati i datori di lavoro del settore privato. L'unico "miglioramento" introdotto dal decreto fiscale riguarda i lavoratori non assicurati all'Inps. Anche loro per i giorni di quarantena dal 31 gennaio 2020 al 31 dicembre 2021 hanno diritto all'indennità ordinaria di malattia: tutta pagata dall'azienda. Ma in questo caso il decreto ha stabilito un rimborso forfait per le aziende di 600 euro a lavoratore.