Green pass, boom di certificati di malattia. "Un reato", gli italiani che rischiano grosso
Si è registrato un boom di certificati per malattia ieri 15 ottobre, il giorno del debutto del Green pass obbligatorio al lavoro. Secondo i dati Inps forniti alle 12 dal ministro Renato Brunetta, c'è stato un più 23,3 per cento di richieste evase rispetto a venerdì scorso. Il sospetto è che molti lavoratori abbiano preferito restare a casa e "prendere tempo" in attesa di vaccinarsi o di un eventuale rinvio dell'obbligo. Intanto, l'Ordine dei medici avverte: "Niente certificati al telefono, si concedono solo dopo visita in presenza, come prescrive la legge. E per quelli rilasciati sono state seguite tutte le regole". "La certificazione di malattia a carico del servizio sanitario nazionale - spiega a Il Messaggero Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie - è obbligatoria e viene rilasciata anche sulla base di sintomi presentati dai pazienti. I medici si limitano semplicemente a certificare quello che vedono o quello che il paziente dichiara. Ci sono sintomi però che non è possibile constatare, si pensi per esempio a chi dice di avere mal di pancia o giramenti di testa".
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Ricorda però che "il rilascio di certificati non in presenza del paziente ma a distanza è vietato dalla legge, è dunque un reato". Il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici Chirurghi e odontoiatri (Fnomceo) Filippo Anelli sottolinea che "il medico deve visitare per forza il paziente e deve fare una valutazione oggettiva. Facciamo comunque un appello a stare molto attenti nel rilasciare i certificati rispettando tutte le norme di legge. Ma questo, ripeto, avviene regolarmente ed è parte integrante della professione".
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"Se un paziente viene a studio lamentando una patologia non obiettivabile, tipo una cefalea", aggiunge Pina Onotri, segretario generale del Sindacato medici italiani (Smi), "io credo a quello che mi dice. Alcuni casi non si possono indagare con indagini strumentali. A volte si tratta di una patologia che si risolve in un giorno o due. Ecco perché noi diciamo da sempre che per patologie brevi sarebbe meglio un'autocertificazione da parte del paziente".
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