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Canone Rai, verso un nuovo aumento: "Importo incongruo", ecco le cifre in ballo

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Enrico Paoli
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«Signore e signori, buonasera. E ora va in onda l'aumento del canone». Magari non avremo l'annuncio della signorina buonasera di turno, uno dei pezzi storici della Rai, ma potremmo ritrovarci con la fregatura in bolletta. A lanciare l'allarme sui conti della tv pubblica, sostanziamemente incapace di tagliare le troppe spese inutili, razionalizzando le risorse, l'amministratore delegato, Carlo Fourtes, sentito dalla Commissione di Vigilanza sulla Rai. Nel corso dell'audizione, l'ad di Viale Mazzini, ha dipinto un quadro economico dell'azienda «molto preoccupante», chiedendo più risorse per consentire alla tv pubblica di affrontare le sfide del futuro ed evitare così «una riduzione del perimetro».

 

 

A cosa alluda Fuortes quando parla di perimetro è difficile da compredere, considerando che la Rai dispone tanto di canali generalisti quanto tematici, ma non è ancora in grado di competere con l'offerta settoriale, ovvero la tv a richiesta. Detto ciò il vero motivo della polemica sta tutto nelle proposte avanzate dal manager per risollevare i ricavi dell'azienda pubblica, calati di oltre il 20% nell'ultimo decennio. Il numero uno di Viale Mazzini chiede il riconoscimento integrale del gettito del canone, eliminando le trattenute effettuate dallo Stato con le quali viene finanziato il fondo per il pluralismo. Per quel settore dell'editoria cercate altre risorse, altrove, non in Rai. Altrimenti aumentate il canone. Un'idea, quella dell'amministratore delegato di Viale Mazzini, che ha messo subito sul chi va là la Federazione degli editori, che esprime «sorpresa e sconcerto». «Si tratta di risorse limitate, per l’esattezza 110 milioni di euro, a fronte di oltre 1,7 miliardi di finanziamento pubblico incassato dalla Rai che rappresenta una quantità di risorse senza uguali per gli altri operatori», spiega il presidente della Fieg, Andrea RiffeserMonti, sostenuto da una fetta consistente della politica. Polemiche altrettanto roventi le provoca la proposta di ampliare il perimetro di applicazione del canone aidevicemultimediali.

 

 

Di frontealla necessità di investire sempre più sul digitale, sostiene Fuortes, «si pone il tema di far pagare la tassa a chi guarda i canali Rai in streaming e non sul digitale terrestre». Nessuna nuova tassa, a suo dire, ma una misura che interesserebbe una percentuale dell’utenza complessiva, secondo l’amministratore, al momento piuttosto ridotta. Ma sempre di aumento del canone si tratta. La Lega, in prticolare, non ci sta. «Il solo messaggio, anche a fronte di un impatto nullo sugli utenti, è irricevibile», affermano all’unisono i membri della Commissione di Vigilanza, «il Carroccio si opporrà in tutti i modi a nuovi canoni». Dietro all’affondo di Fuortes c’è anche il timore legato allo schema di decreto attuativo determinato dalla direttiva Ue sui servizi di media audiovisivi con i nuovi tetti per l’affollamento pubblicitario. Secondo Fuortes questi avvantaggerebbero le emittenti private e causerebbero alla Rai un danno, a regime, di oltre 130milioni, costringendo ad incrementare gli spot nel day time. Da qui la richiesta di intervenire, riducendo il limite dell’affollamento pubblicitario per singola fascia. «Un quadro economico e finanziario finalmente chiaro», commenta l’Usigrai, «dopo l'illustrazione in Vigilanza da parte dell’ad non si può fare più finta di nulla».

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