Coronavirus, "negli ospedali italiani c'è l'inferno". Chi stanno intubando, cosa succede davvero nelle terapie intensive
Molti medici no vax hanno cambiato idea. Paolo Viviano, per esempio, vive a Barletta, lavora all'Asl, trasporta farmaci e frequenta i reparti degli ospedali ogni giorno. Fino a sette mesi fa era no vax. Poi però, racconta a La Stampa, "ho visto i morti, le persone intubate. Giovani che stavano male. Ho capito che quello che si diceva del Covid non erano chiacchiere. Mi sono informato, ho parlato con i medici, ho ascoltato e mi sono deciso". Quindi si è vaccinato, con Pfeizer come tutti gli operatori sanitari. Ed è riuscito a convincere anche i suoi familiari a farlo.
"Se capita...". Alberto Zangrillo e il Covid in ospedale: travolto dagli insulti per questa frase
Catia Elena Dell'Orso lavora come ostetrica all'ospedale Careggi di Firenze. "I no vax non si rendono conto. Mi danno fastidio, c'è un misto di incoscienza e di ignoranza, non immaginano l'inferno che si vive nei reparti di rianimazione". Lei nell'ospedale Careggi è stata ricoverata per quasi due mesi, di cui uno passato in terapia intensiva: "Anche io ero come loro, non mi fidavo, non ascoltavo i consigli, non mi sono voluta vaccinare e ho sbagliato". Racconta: "Pensavo che adottando tutte le precauzioni, senza andare nei locali o frequentare posti affollati non sarebbe successo niente . Invece, una notte di fine marzo, mi sono svegliata e non respiravo più, così sono andata in pronto soccorso. Sono stata tra la vita e la morte, uscirne è stato un percorso lungo e doloroso oggi porto i segni della malattia, sono invecchiata di colpo".
Infine, Pietro Marino, torinese, fino all'inizio dell'estate era in piazza contro il Green Pass obbligatorio. Poi si è scontrato con la realtà dei contagi: il fratello ha preso il Covid ed è finito in terapia intensiva. La paura gli ha aperto gli occhi sui vaccini: sono necessari. Ed è corso a farsi la sua dose.