Alex Zanardi, cosa proprio non torna sul video dello schianto: "Un procedimento molto complesso"
Un pugno dritto nello stomaco, il video dello schianto di Alex Zanardi in handbike. Video emerso nelle ultime ore, pubblicato da Repubblica, e che risale a quel maledetto 19 giugno 2020. Immagini agli atti dell'inchiesta della procura di Siena che, sin dal principio, le ha ritenute la prova regina per scagionare il camionista che ha travolto l'ex pilota di Formula 1.
Nelle immagini, infatti, si vede Zanardi impostare la curva. Dunque perde il controllo della sua handbike, forse sorpreso e spaventato dal tir che arrivava in direzione opposta. Quindi viene travolto. Ed effettivamente il camion non sembra invadere la corsia opposta. La vicenda giudiziaria si è infatti conclusa con l'archiviazione di Marco Ciacci, unico indagato nella vicenda con l'accusa, archiviata, di lesioni colpose gravissime.
Dunque la rabbia di Alessandro Maestrini, il videomaker che aveva filmato le immagini, che si è sfogato sui social puntando il dito contro Repubblica per aver spacciato il video come loro. Inoltre, Maestrini ha insistito sul fatto che quelle immagini non avrebbero mai dovuto essere pubblicate. Eppure, sono uscite ugualmente dalle stanze della procura.
Per quel che concerne l'indagine, come detto, la famiglia di Zanardi ha sempre sostenuto che l'invasione di corsia sarebbe stata la causa del drammatico incidente, ma la procura di Siena non ha riconosciuto il nesso tra la condotta del camionista e lo schianto. E interpellato da La Nazione, il consulente della difesa di Ciacci, l’ingegner Mattia Strangi dell’Università di Bologna che ha seguito anche il caso Hayden, ha spiegato: "Si tratta di un procedimento molto complesso. Il gip ha ripreso la stessa linea di pensiero da noi sostenuta tramite la relazione tecnica fin dalle prime battute delle indagini sul caso".
Insomma, anche la difesa ammette che, comunque, l'episodio è controverso. "Un procedimento molto complesso", appunto. Da par suo, il legale della famiglia di Alex Zanardi, Carlo Colvi, subito dopo l'archiviazione aveva affermato di voler studiare le carte prima di spiegare "cosa faremo o potremo fare". Insomma, il caso potrebbe non essere ancora chiuso.