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"Eugénie", romanzo dal "sapore" ottocentesco di Andrea Cionci

Marco Petrelli
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Un romanzo che sembra uscito da un’altra epoca, innanzitutto per il linguaggio: prezioso, ma senza  autocompiacimenti, scorrevole e musicale, quasi ottocentesco, che rimanda ai libri della Brontë , senza rinunciare a una precisa cifra stilistica. Difficilissimo padroneggiare una storia che viaggia sui binari dell’impossibile, ma che riesce a mantenere inalterato il senso di incredulità del lettore, un po’ lo stesso miracolo avvenuto ne “Il curioso caso di Benjamin Button” di Francis Scott Fitzgerald.

Eugénie” di Andrea Cionci è coadiuvato da un ritmo narrativo che non perde accelerazioni, tanto da risultare quasi cinematografico (ben si presterebbe come trama di una fiction). Come confermano diversi lettori nei riscontri pubblici, è difficile staccarsi dalla lettura. Strano che l’autore, solitamente avvezzo a divulgare contro-verità della storia militare o  scottanti inchieste in ambito vaticano, si conceda questo viaggio delicato e potente nelle pieghe dei ricordi di una giovane dotata di uno straordinario talento per il cucito: 

“…Si sviluppava in me un’acuta capacità di osservazione e, tutto ciò che dall’educazione signorile di quelle ragazze potevo apprendere, diventava presto mio. Coglievo con perspicacia l’essenza delle forme e dei complimenti, il significato di quelle delicatezze, più o meno pompose, che gettavano una luce sugli anfratti più oscuri dell’animo umano. Comprendevo come tutti quegli orpelli e salamelecchi non fossero altro che protezioni codificate e consolidate delle debolezze, delle fragilità, dell’ego di donne e uomini, di giovani e vecchi. Osservavo la tessitura dei caratteri umani, così come, lavorando sulla collezione di merletti di Madame, comprendevo e facevo mie le antiche tecniche “a fusello”, “ad ago”, “a crochet”, “a navetta” dei superbi merlettai di Alençon, Caen e Argentan”…

A far fiorire il dono innato di Eugénie, attraverso una fitta serie di avventure gloriose e terribili, il contenuto di uno scrigno/portagioie in cui sono conservati tutti gli strumenti per l’alta sartoria. Arnesi che, secondo un’antica leggenda, sembrano siano stati addirittura forgiati dalle tre Norne, le Parche della mitologia norrena, sorta di eterno femminino stregonesco, in grado di recidere e decidere la vita (e la morte) di tutti noi. A narrare questa storia che si perde nei meandri del tempo, la voce narrante della protagonista, ma il romanzo è popolato anche da personaggi realmente vissuti. Un ruolo d’onore spetta alla contessa di Castiglione, spia di Cavour alla corte di Napoleone III. L’ultima sorpresa riguarda le circa 20 illustrazioni: delicati acquerelli di pugno dello stesso autore secondo uno stile di “unità delle arti” davvero fuori dal tempo.  

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