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Genova, la prostituta-trans di 79 anni fa il nome: "Chi è passato nel mio letto", un terremoto piccante

Paola Pellai
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Filippo, 59 anni, è un impiegato. Ha una moglie, due figli e ogni mese un blocchetto di buoni pasto da 7 euro l'uno. Almeno una volta alla settimana lui pranza in un vicolo dei carruggi: 20 minuti di perdizione pagati con 4 di quei buoni. Nessuno lo sa, nessuno lo deve vedere. Del resto a Genova la luce del giorno entra a fatica nei vicoli della prostituzione. È un dedalo contorto di spazi stretti ed angusti che si snodano tra i traffici del porto e l'eleganza del centro cittadino, nell'area tra Sottoripa, San Luca, le Vigne, la Maddalena e i Macelli di Soziglia. I turisti s' infilano a passo svelto in vico Carabaghe, via del Campo e vico delle Cavigliere, richiamati dal ricordo di Boccadirosa e delle tante "graziose" cantate e frequentate da Fabrizio De Andrè. La prostituzione ha una storia antica a Genova, nel 1400 era addirittura tassata: cinque soldi al giorno per esercitare e disporre di una tessera sanitaria. Oggi su quella storia antica ci hanno costruito due tour cittadini: "Amore proibito" (biglietto 15 euro) e "Vietato ai minori", una passeggiata virtuale per immagini e voci narranti tra i corridoi della perdizione. Nel 1965 in "La città vecchia" De Andrè cantava di una marchetta a "diecimila lire per sentirti dire Micio bello e bamboccione". Facendo una rivalutazione monetaria con i dati Istat, quelle 10 mila lire corrisponderebbero a 109 euro odierni. Cifra molto lontana dagli attuali 20-30 euro richiesti per una prestazione. La crisi economica ha ridotto la domanda ma non l'offerta: l'immigrazione incontrollata ha "regalato" a Genova la densità abitativa più alta del Nord Italia, con appartamenti fatiscenti invasi anche da 15 persone.

 

 

TRECENTO
Sempre l'immigrazione ha cambiato la geografia della prostituzione: il 10% sono italiane (spesso tossicodipendenti), la maggior parte è sudamericana (Colombia, Ecuador, Perù, Repubblica Dominicana), molte nigeriane e poi moldave e romene. In 300 ruotano sul territorio, con un centinaio fisse nel centro storico: le forze dell'ordine si limitano a verificare che non oltraggino la decenza, non adeschino, non siano minorenni e abbiano i documenti in regola. Di solito è un italiano chi affitta loro gli appartamenti e i bassi: soluzione "remunerativa" per non ristrutturare metrature luride e squarciate dall'umidità e che fa chiudere un occhio anche sulla pratica illegale del subappalto. Il quartiere della Maddalena è monopolizzato da straniere di colore, arrampicate su tacchi vistosi. Stazionano agli angoli dei vicoli o sedute su gradini o sedie, all'esterno del loro "loculo". In molte fumano, tutte scrutano un cellulare. Individuano con uno sguardo il potenziale cliente, poche parole, "pompino" e "patata" le più usate. C'è chi chiede lo sconto che a volte accettano perché, come spiega la nigeriana Yara, «al mio Paese con 4 euro ci mangio per un mese. Sfioro un mensile da 5000 euro, tutto in nero. Ma quella cifra contiene un passato di stenti, un presente di sotterfugi e un futuro senza garanzie».

 

 

Qui non si chiude mai, neppure per pranzo, come confermato da Filippo: dalle 11 alle 20 sono le ore più frequentate. Davanti ai vicoli di sera stazionano giovani nordafricani che per 20 euro hanno il compito di evitare risse, botte, guai con spacciatori e ubriachi. In mezzo al degrado c'è il contrasto di una zona assolata e fiorita: è il "ghetto" che, dalla metà degli anni '60, ospita la più importante comunità transessuale d'Italia. È tra piazza Nunziata e via del Campo, a ridosso di piazza don Andrea Gallo, il prete che nel 2008 si battè per impedire al sindaco Vincenzi di vietare la prostituzione nei bassi del centro storico: «Chi ha scelto liberamente questo lavoro - tuonò - deve poterlo esercitare e chi invece vorrebbe cambiare vita, dovrebbe avere la possibilità di farlo» e, in contemporanea, spinse le prostitute transgender a fondare un'associazione per tutelarsi. Nacque così "Princesa", presieduta da Rossella Bianchi, classe 1942, che in vico Untoria ha il suo "ufficio, sempre lo stesso dal 1971: un salottino con foto di Marylin Monroe e, subito dietro, «la camera del peccato», ordinata, colorata e piena di fantasiosi oggetti erotici. Rossella non dimostra i suoi (quasi) 79 anni: «Sto qui ogni giorno, dalle 11 alle 19. Finché mi diverto, perché no? Niente stranieri e sconosciuti, ho la mia clientela fissa da 50 anni. Sono nata come Mario da una famiglia contadina in Toscana. Ho un diploma da ragioniere, ma volevo guadagnare in fretta e divertirmi. Lavoravo all'Automobile Club Savona per 60 mila lire al mese. Quando capii che quei soldi potevo farli in un giorno prostituendomi, non ci pensai due volte». Mentre parliamo arriva un cliente, ma Rossella lo invita a ripassare: «Giunsi a Genova il 31 dicembre 1964. Ero stata in vacanza a Cannes, avevo finito i soldi e contavo su alcuni amici in vico delle Cavigliere. Era pieno di prostitute, marinai americani e malavita, si faceva tarda notte in locali e ristoranti chiassosi ed allegri. Non avevo seno, me lo imbottivo con fogli di giornale. Ero felice, per la prima volta non mi nascondevo».

 

 

LE RETATE
Ricorda divertita le infinite retate della polizia perché all'epoca vigeva il reato di "mascheramento politico": se ti beccavano con abiti da donna finivi in guardina. Poi gli anni '70 portarono l'eroina e gli anni '80 l'Aids. «È stata una strage - spiega-, morirono due terzi delle mie colleghe trans. E in seguito l'immigrazione selvaggia complicò l'esistenza a noi e ai clienti con una microcriminalità aggressiva». Rossella sottolinea: «Il passaggio dalla lira all'euro è stato una rovina. Tra il 1980 e il 2000 avevo 30 clienti al giorno, potevo fare un milione di lire. In questo letto sono passati imprenditori,politici, calciatori, molti preti. Arrivavano qui con l'abito talare e tante perversioni. Non ho mai avuto padroni né amanti, la mia libertà davanti a tutto e a tutti. Non mi sono mai venduta, mi sono sempre e solo affittata». E quando le chiedo dei prezzi, non esita: «L'euro li ha livellati e li tiene invariati da 20 anni. Dipende dai minuti dell'incontro: 30, 50 o 100 euro. Ma se mi capita un bel 25enne, allora ci si diverte e basta. Niente soldi, niente orologio». Mi racconta come la pandemia abbia complicato, ma non fermato la prostituzione: «Prima facevo 300-500 euro al giorno, il virus li ha dimezzati. Molte prostitute sisono convertite agli incontri hard nelle chat erotiche. Durante il lockdown si poteva comunque andare a trovare amici e parenti. Quindi... C'è chi mi dice che ho l'età per chiudere bottega e dedicarmi alle mie passioni, la cucina e il giardinaggio. Non ci casco. Voglio continuare a divertirmi, viaggiare, abitare nel mio attico da 150mq e farmi regali preziosi... Per morire da povera c'è sempre tempo, l'importante è vivere da ricca». Già, Rossella, ma lei non paga le tasse... «È vero - ammette -. Disposta a farlo, ma in cambio di tutele, come la pensione. Abbiamo chiesto una regolamentazione, non è mai arrivata. Quindi viva la libertà». 

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