L'amore e l'esercito del "nì": gli egoisti insicuri che prima seducono e poi fuggono
Vi propone una gita fuori porta la domenica per poi magicamente sparire e tornare a farsi vivo il lunedì con una scusa improbabile («la mamma di una mia amica non è stata tanto bene...»). All'invito a cena, risponde entusiasta: volentieri, grazie, con molto piacere, ci sentiamo nel pomeriggio per metterci d'accordo. Per poi farvi arrivare un messaggi no sul telefono a meno di un'ora dall'appuntamento con scritto: «Mi dispiace, ma proprio non riesco, è sopraggiunto un impegno improvviso». Poi ci sono gli eterni indecisi, che non dicono mai «va bene ci vediamo alle 8 in punto», ma vi tengono appesi rilanciando: posso confermare più tardi? (Di solito hanno lo stesso atteggiamento sia si tratti di un tête-à-tête, sia di una pizza con i colleghi o una festa a casa di amici). Tutti questi però se non li cerchi, dopo qualche giorno si fanno vivi con fare ammiccante (e domanda di rito: ma che fine hai fatto?) per riaccendere in voi il desiderio e farvi venire pure il dubbio che non abbiate fatto abbastanza, dovevate far capire il vostro interesse con più determinazione. Sono persone apparentemente sconclusionate, che celano invece un animo egoista, privo di sensibilità e delicatezza nel maneggiare i sentimenti altrui. Persone pronte a passarvi sopra come un carro armato e rovinarvi le serate (e la vita), pronte a sostituirvi all'ultimo minuto per rincorrere qualcosa di più divertente, non necessariamente un altro uomo o un'altra donna, semplicemente un invito più allettante o utile alla loro carriera.
L'autostima - È l'esercito del mefistofelico «ni». Che non dice «sì» ma neanche «no». Che è sempre in bilico. Per la donna è una forma di vanità, secondo Giampiero Mughini: manifesta indecisione perché non vuole precludersi ogni possibilità; fa parte del fascino femminile. Ma quale fascino femminile. Un tempo forse. Per gli uomini è lo stesso. Hanno imparato anche loro. Sanno essere ancora più diabolici e spietati. E neanche qui la vanità maschile può essere una giustificazione. Non si tratta neppure di schermaglie amorose. Hanno solo voglia di sentirsi adulati, cercati e desiderati. Insomma, anche trail sesso forte c'è chi ricorre alla perversione più sofisticata per alzare l'asticella dell'autostima. Essere corteggiati è una riprova, una rassicurazione della propria capacità di seduzione. Il retropensiero di questi «personaggi» (sia donne che uomini)? Mi corteggia, quindi piaccio. Se piaccio sono sexye irresistibile. Altro che timidi e introversi, siamo di fronte a dei manipolatori, esperti nell'arte della provocazione: sanno accendere il desiderio in un potenziale partner per poi ritrarsi all'ultimo momento con scuse strampalate. «Persone fragili e insicure, che utilizzano una strategia subdola per intrappolare l'altro», spiega a Libero la dottoressa psicoterapeuta Miolì Chiung. Dunque «lunatici» non solo durante i primi approcci. «Tengono sempre appese le loro relazioni, manifestando tutta la loro insicurezza. La "vittima" rappresenta il salvagente su cui appoggiarsi, perché fondamentalmente soffrono l'abbandono e hanno paura di restare soli», aggiunge la psicologa. Non diranno mai: mi piaci, ma non abbastanza. La persona con cui giocano come al gatto e al topo «è una sorta di piano b, quasi sempre disponibile a ogni loro cenno. In realtà sono incapaci di prendere decisioni definitive perché hanno il timore di perdere qualcuno oggi che fra qualche settimana (o mesi) potrebbero rimpiangere».
Una trappola - «Dall'altra parte chi resta intrappolato spera che quell'indecisione si trasformi presto in concretezza. Ma la disillusione è spesso dietro l'angolo. Persone così non costruiscono quasi mai nulla di buono, fanno perdere solo tempo. Ma a loro degli altri interessa poco o nulla, sono concentrati solo su sé stessi. Praticamente insensibili anche alla sofferenza che provocano negli altri», conclude Miolì Chiung. Ma c'è dell'altro, secondo la psicoterapeuta Emma Cosma (raggiunta al telefono) chi pratica il «ni» è spinto inoltre da un bisogno di controllo sull'altra persona; tenendola in stand by (come un elettrodomestico ndr) in attesa di un "sì" le toglie la possibilità di organizzarsi diversamente». Come dire, o esci con me o niente. Ma vediamo di capire chi sono quelli che finiscono nella ragnatela: quasi sempre sono gli innamorati. Si sa, l'innamoramento è totalizzante e coinvolgente, rende confusi, persi, incapaci di prendere decisioni razionali, anche di fronte alti ra e molla dell'amato. «Quando si è innamorati, basta un niente per essere ridotti alla disperazione o per toccare il cielo con un dito», per usare le parole di Giacomo Casanova. E con l'ansia che cresce a ogni minuto che passa, si rimane in attesa della telefonata tanto sognata: sì ti passo a prendere fra un'ora e partiamo insieme per il week -end. Che potrebbe non arrivare mai. L'anticamera dell'amore è terreno fertile per i diabolici e sofisticati autori del «ni».
Arriva dall'infanzia - «Ma c'è anche una fetta di fragili e insicuri che ci casca ed entra nel circolo vizioso, rassegnato a subire il pressappochismo dell'altro», sottolinea la Cosma. «Tutto parte dall'infanzia, secondo la teoria dell'attaccamento di John Bowlby, da ciò che la mamma trasmette al neonato e poi al bambino. Si tratta di un patrimonio fondamentale, legato alla ricerca di protezione, di serenità, di calore affettivo, di sensibilità», rivela la psicologa. Se da piccoli si è vissuto un attaccamento sicuro, da adulti si è affidabili e disponibili, perché in grado di replicare un modello di sé che rispecchia le cure e attenzioni ricevute; viceversa i bambini che non sono stati accuditi in modo adeguato possono sviluppare sentimenti di rabbia e di angoscia verso gli altri, e nei propri confronti sentimenti di insicurezza. Questo concetto è stato rielaborato da Bowlby sul finire degli anni '60 e spiega in particolare quanto sia importante da bambini sentirsi pienamente protetti e accettati. È la base su cui si forma la sicurezza di sé, che permetterà poi di andare da soli (con sé stessi) alla scoperta del mondo senza alcun timore. E che consentirà all'adulto di riproporre i buoni e solidi modelli di relazione interiorizzati durante l'infanzia. Tutto parte da lì, dai primi giorni di vita. Non è vero che i neonati poi non ricordano nulla. È tutto impresso nella loro memoria interiore. Che, nel bene o nel male, li caratterizzerà.