Funivia Stresa Mottarone, gestori e tecnici non volevano rinunciare all'incasso: la strage per 12.600 euro

giovedì 27 maggio 2021
 Funivia di Stresa Mottarone

 Funivia di Stresa Mottarone

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I malfunzionamenti della funivia di Stresa Mottarone si sarebbero potuti risolvere in un solo modo: interrompendo le corse ei rinunciando agli incassi dei biglietti. Una rinuncia che si è evitato di fare per non compromettere i guadagni della domenica che in tempi di norme anti covid non va oltre i 12.600 euro al giorno, riporta Il Giorno, se si considera che le 4 cabine, due per ogni direzione, devono effettuare le 21 corse, per tratta, dell'orario estivo viaggiando a capienza ridotta (15 persone anziché 40) e il biglietto di andata e ritorno per gli adulti costa 20 euro. 

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Solo per soldi, insomma, hanno preso questa "scelta consapevole, condivisa e non limitata a domenica". Questo è quanto ha ricostruito il procuratore di Verbania Olimpia Bossi, titolare delle indagini sul gravissimo incidente costato la vita a 14 persone, che ha emesso i tre provvedimenti di fermo. Ad aver condiviso la scelta di lasciare i forchettoni sulla parte alta del carrello della cabina della funivia sono stati, secondo gli inquirenti, Luigi Nerini, proprietario ed amministratore unico della Ferrovie del Mottarone, la società che gestisce l'impianto di risalita, e due suoi collaboratori: Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, nell'ordine direttore e capo operativo del servizio. Il legale del primo, però, smentisce: "Perocchio nega di aver autorizzato l'utilizzo della cabinovia con i forchettoni inseriti e di aver avuto contezza di simile pratica, che definisce suicida". E, precisa ancora il legale, è in stato di fermo "senza essere neppure stato sentito".

Il provvedimento di fermo si basa sul pericolo di fuga, possibilità che la procura ritiene possibile "in considerazione dell'eccezionale clamore anche internazionale per la sua intrinseca drammaticità, che diverrà sicuramente ancora più accentuato al disvelarsi delle cause del disastro". Per gli inquirenti, dunque, la decisione di far aprire le porte del carcere si rende necessario perché "sussiste il pericolo concreto e prevedibilmente prossimo della volontà degli indagati di sottrarsi elle conseguenze processuali e giudiziarie delle condotte contestate", si spiega nel fermo di indiziato di delitto.

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