Coronavirus, cambiano i parametri per zona rossa e arancione: indice Rt e incidenza, chi rischia
Oltre al coprifuoco sul tavolo del governo c'è un'altra partita, quella della modifica dei parametri che definiscono i colori delle Regioni. Secondo quanto si apprende la proposta del governo sarebbe di basare il nuovo modello di valutazione del rischio contagio sull'incidenza dei casi Covid, mantenendo l'impostazione a 4 colori, con altrettanti livelli di rischio legati a incidenza, e mantenimento dei tassi di occupazione dei posti letto. La zona rossa scatterebbe con oltre 250 casi Covid su 100mila abitanti, arancione tra i 150 e i 250 casi, gialla tra i 50 e 150 casi, bianca fino a 50 a casi. Ma il passaggio in zona rossa avverrebbe anche se il livello di occupazione di area medica ospedaliera e area intensiva arrivasse rispettivamente al 40% e al 30%.
Per i governatori invece sarebbe meglio togliere i colori e adottare un sistema semplice con tre livelli di rischio, riporta il Giornale. I criteri vanno cambiati anche alla luce della campagna vaccinale e su questo punto concordano ora persino i tecnici più rigoristi. Insomma, l'accordo è ancora lontano. Il nodo della questione è l'indice Rt. Secondo la Conferenza delle Regioni rischia di far ricadere in zona arancione o rossa, aree che in realtà non sono in sofferenza dal punto di vista epidemico.
Quindi si potrebbe affacciare l'ipotesi di privilegiare l'Rt ospedaliero, ovvero il tasso di occupazione dei posti letto anche in terapia intensiva. Ipotesi sulla quale ci sarebbe una convergenza, anche se non unanimità, all'interno del Comitato tecnico scientifico. Anche se, come avverte il governatore della Liguria, Giovanni Toti, "se a inizio settimana ho due posti letto occupati e diventano quattro, l'Rt ospedaliero aumenta del 100%. Ma è evidente che quattro posti letto occupati non sono un'emergenza".
E poi ci sono i vaccinati, che sono in aumento. L'orientamento del Cts sarebbe di calcolare oltre all'indice di trasmissione Rt fondato sull'andamento dei nuovi contagi l'indice dell'occupazione dei posti letto. Ipotesi che si è riaffacciata più volte nel corso della pandemia perché si tratta di un dato solido che non fluttua a seconda della quantità di tamponi effettuati.