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Loggia Ungheria, ecco i pesantissimi nomi coinvolti da Amara: "Tra una barzelletta e una mascalzonata"

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"Una via di mezzo tra una barzelletta e una mascalzonata". Michele Vietti, ex vicepresidente Csm, definisce così le rivelazioni dell'avvocato Piero Amara. Coinvolti nella Loggia Ungheria infatti ci sono l'ex pm antimafia Sebastiano Ardita e l'ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, la ex presidente del Tribunale di Milano Livia Pomodoro, l'ex Guardasigilli Paola Severino. Tutti, in larga maggioranza, smentiscono. "È un'accusa talmente grottesca che fa ridere, ma è anche molto grave. Perché inverte l'onere della prova. Come faccio a dimostrare di non far parte di un'associazione segreta che non si sa nemmeno se esiste? Mi ricorda i pentiti di mafia degli anni '90. Per fuggire alle loro responsabilità dicevano quello che i pm volevano sentire e si sa come finì. Il problema è chi gli dà corda con quell'ampiezza di verbali. Di motivi per instillare veleni e vendette personali Amara ne ha molti", spiega Vietti.

 

 

 

Paola Severino è citata nell'elenco dei presunti affiliati. Assieme a un nome che fa scalpore: quello dell'ex dirigente del Dap, Ardita. Una vendetta contro il pm? "È possibilissimo. Perché un collega, Stefano Fava, mi rappresentò la volontà di fare un esposto al Csm per i contrasti avuti in procura su un'indagine importante: proprio quella su Amara, che lui voleva far arrestare e gli chiesi di ricomporre, se possibile, il contrasto nell'ufficio, o di presentare un esposto formale assicurandogli che gli avrei dato appoggio. Per l'accertamento fino in fondo della verità".

 

 

 

Anche Livia Pomodoro smentisce: "È un equivoco. E non ho mai fatto parte né di questa né di alcun consorzio. Sono lontana dall'amministrazione dal 2015. E ora sono presidente dell'accademia di Brera, mi occupo di cose serie". E anche l'ex procuratore di Trani Capristo, smentisce la versione di Amara. "Mi sarei dovuto raccomandare a lui per andare nell'inferno di Taranto? Ma io ero stato proposto come procuratore generale a Bari, siccome mandarono una collega mi dettero un "contentino". Lo vidi 4 volte. A Trani mi chiese un appuntamento per conto dell'ufficio legale Eni. A Taranto venne con i garanti Ilva come esperto ambientale. E poi da don Bonaiuto in occasione di un incontro con moltissime persone in favore delle ragazze abusate. Mai scambiati numeri e messaggi. Se non fosse drammatico sembrerebbe un film di Salemme", conclude.

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