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Luana D'Orazio risucchiata dall'orditoio. Il sospetto: niente saracinesca di protezione, due indagati

Luana D'Orazio

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Sulla tragica morte di Luana D'Orazio , la giovane operaia risucchiata dal rullo di una macchina tessile nella fabbrica di Oste di Montemurlo, in provincia di Prato, stanno cercando di fare chiarezza i carabinieri e gli ispettori del Dipartimento di prevenzione della Asl che sono rimasti chiusi all'interno del capannone dove si è consumato l'incidente per effettuare i rilievi. Una prima relazione è già stata depositata sui tavoli della Procura che ha aperto un'inchiesta, rivela La Stampa.

 

 

Cosa non ha funzionato? C'erano i dispositivi di sicurezza? Su questo bisognerà attendere i risultati dei rilievi. Intanto sono due gli indagati: Luana Coppini, titolare dell'azienda tessile, e Mario Cusimano, addetto alla manutenzione del macchinario. Nei loro confronti si ipotizza l'omicidio colposo: avrebbero "rimosso dall'orditoio la saracinesca protettiva, un meccanismo destinato a prevenire infortuni sul lavoro", si legge nell'avviso di accertamento tecnico della procura. La dinamica dell'incidente deve essere ancora ricostruita e per fare chiarezza sono stati sentiti tutti i colleghi che erano di turno e che hanno assistito impotenti a questa scena straziante, al corpo esile di Luana intrappolato negli ingranaggi.

Gli inquirenti si concentrato sulla saracinesca, una specie di barriera che dovrebbe separare in modo netto il lavoratore dalla macchina. "Siamo al lavoro per capire se e che cosa non abbia funzionato - spiega il procuratore capo di Prato, Giuseppe Nicolosi - compresa la fotocellula di sicurezza".

 

 

Non solo. Gli investigatori, coordinati dal pm Vincenzo Nitti, hanno anche sequestrato un macchinario identico a quello in cui si è verificato l'incidente per vedere se dalla comparazione emergono elementi utili ad accertare che cosa sia accaduto. Altri elementi potrebbero emergere dall'autopsia.  

Luana Coppini, la titolare, quando ha saputo della tragedia ha avuto un malore. "Proprio nei giorni scorsi - ha raccontato Emma Marrazzo, la madre della ragazza - in ditta avevano assunto un altro ragazzo perché dare una mano a mia figlia. Ho sentito la titolare, poverina, ed era distrutta, non si capacita di come sia potuto accadere". La donna ora chiede giustizia: "A Luana piaceva lavorare. Ma non si può morire di lavoro né a venti, né a trenta, né a settanta. Sono tutte vite umane. Ora chiedo giustizia".  

 

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